Non può essere che una data spostata

(ti scrivo Geneviève perché sono tornata)

ad incollare al cuore il manifesto stretto, di cuore, benedetto

(ti scrivo Elisabeth nella notte del preciso)

e perdere il senno, possono, le titubanti creature

che scorrono nelle monde dune, il fondo di ella

abbioccata a qualche rivista scema della pena

(ti scrivo Maddalena, sulla porta chiusa)

pensa che roba non essere mai state.

Scusa.

Dopo che si è rifatta la sceneggiatura del

grande esangue e ogni tuo luogo ha sottratto

al mare in moto ogni perfetto sparge il suo

modulo sulle infanti fini del sogno proibito

come da invito flaiano, o da cenno federico

"son io ti dico" vedi " il console del mago"

e svolgo il compito gradevole del deacidio

cioè uccido quella insipiente che è persa

prima sola unica sbellettata o patetica

Amante e non pensa.

Ti scrivo Antonio, che torni dalle Americhe

e ti racconto quanto nel mio modo migliore

ho sorpreso convincermi che non mi convinceva

questa Divinissima Commedia

un percolato pastoia della guerra

fatta gioco all’amore. E se l’erra-

nte niente niente risorge e scopre

ad una ad una le livide scalcagnate zolle

del, come si diceva, pensiero

fai come fossi tu l’ideatore sospeso, a cazzo

tolto il saluto. Ridetta la bugia. Intero:

ancora al mondo a passeggiare col cappotto.

Cesare Pavese

Verrà, verrà l’arsura!

Verrà la morte apposta per portarti a letto

marilina creatura, idea, folletto,

la sgamberanno pochi spacchi netti

cavalcherà dispetti e spazzatura

scritta sarà dai nostri intelligenti

per tutti a farsi le note domande: " che avrà

nella fessura interna – quella sanguina! – altra

commessura?"

Alla simbiosi! Al ratto! Al miciomiao!

Casalinga casalinga piangi la mamma

che, non come queste, resti casa e pianga

sulle tue cattive compagnie.

Averle io…ma le ho avute, perdio! Se

l’elenco dei miei dissapori, e i miei diari

e i suoi non fossero porcellari, dì, volgari.

Se non li elencassi come muta sugna

li svinerei, li svinerei, a toni, senti, rari.

E ne farei concime per le vigne.

G. I. Gurdjeff

So più di te, mi senti?, che è civile

e cos’è il sogno accartocciato sul sentiero

le dieci lingue del microcosmo esatto

e la radura di Tbilisi, ed ogni fatto

del cuore-nebbia per cui si è poi scandito

del cuore-stagno dove non si è trovato

del cuore-mona che l’orca straripa, viva

e del cuore-mandria-ossatura che procura

e stiva.

 

5 thoughts on “

  1. silvia e i botti di capodanno.

    fantastica, da rimanere a bocca aperta fino a che va via la corrente al pc. e anche dopo, stella.

  2. sei la prima che ho aperto oggi, come si apre un libro a cui si tiene, il primo d’anno, ma sullo scrittoio che fa da comodino. Auguri, Silvia, che sei fitta fitta e tocchi lì, fra i non dovuti e solidali, come si deve.

  3. Porca paletta! Silvia, accidenti a te. Devi avvertire, ché un sensibile può rimanere folgorato. Fortunatamente sono una vecchia pellaccia. E comunque, accidenti a te. Mi si sono piegate le ginocchia, mi si sono.

    Sei abilissima, accidenti a te! Cioè volevo dire: il cielo ti benedica.

  4. Ringrazio. E grazie Roberto, in parti-colare, è troppa la stima. Sono triste oggi, temo di ripetermi, ma è così, ecco, è un po’ portarla a voi, so, ma ma ma…

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