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  1. Cara Silvia,

    da qui passo spesso, come si passa davanti alla fontana, vicina a un albero, quando sei in uno di quei paesini arroccati a meridione. Sono paesi che in generale hanno anche la marina, ma il paese vero è sul colle. C’è la chiesa, c’è il fornaio, c’è la sezione del PCI, e c’è anche la fontana. La fontana è il punto più bello, perché anche lontani dal mare si sente il rumore dell’acqua. E, per di più, è un’acqua che si può bere. Sono fontanelle fatte per dissetarsi, riempire un cato, tenere le mani al fresco d’estate. A volte vedi una donna lavarci i panni. Fontanelle, insomma, come quelle che a volte scopro qui a Roma, camminando. E tu non sai ogni volta che sorpresa. Una sicurezza esistenziale sorpresa.

  2. sì, è vero:silvia-fonte. ce n’è una che le somiglia, dalle mie parti materne, è di acqua ferrosa: la volpina, si chiama. e ce n’era una a “Se dè Liviu” , tra il “Mrai” e la “Croce”, a metà salita. Io ho fatto in tempo a berci. Qua dove sto (parti paterne) c’è quella della piazza dello Scalo, quella del “Caeimùn”, quella sul piano della Villa. Averci bevuto, berci è un paradiso.

  3. quello che, in genere, non mi piace della poesia recitata sul web è l’estrema tragicità della voce (roca, spezzata, infranta). Ma questo è un film, innanzitutto, e le immagini sovrastano le parole, dalle quali sono solo accompagnate, musica permettendo.

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