Gravida rende conto.

Dice: " mi sono sperduta tra gli asociali", poi ha degli asociali un ‘idea difforme, sempiternamente cangiante, dice che gli asociali siano un modo di vivere ad esempio. Interessante e pieno di virtù.

Non vorrebbe essere guidata da nessun luogo comune. Parla intensa e parla intera (le pare).

Dice: "mi sono voluta tra gli asociali". Ma non è completamente sincera. Non si è precisamente voluta. Si è trovata, ecco, lì. Nei sistemi c’è sempre un conto morale da pagare, lei lo sente, e non ha voglia di pagare conti. Ma poi tutto questo non è per niente vero, che

i conti li rende, abbiamo visto. Lo fa. Spiega. Legge. Interpreta. Non è tanto il pagare, è forse il costruire. Non vorrebbe, e un po’ ci riesce, utilizzare certi materiali quando è lei che può scegliere. Quindi non li usa.

Quando si fanno, dal canto del possibile ritornare di sempre di ogni cosa di ogni posizione di ogni passio di ogni interazione, quando, dicevamo, si pongono, lei i conti non li assume. Parte tutto da lì.

"Cosa vuoi da me, dice, ho dato amore. Ho dato attenzione e riserbo, ogni possibile tenerezza.

Tu:

mi collochi

mi assumi

mi trasformi

mi consumi

mi occupi

mi fai diventare cosa tra le tue cose, cosa di te e io non sono cosa di te, e fosse solo di te, mi fai diventare cosa d’altri perché sei infittito nelle cose degli altri, così hai moto di sembianza (qui c’è da scriverci un capitolo) , sono altrove, sono altrove."

Gravida s’incapriccia della sua condizione. La ama da molto, ora solo la dichiara. Ha trovato le parole.

"Io non entro nei meccanismi. Li guardo lavorare. Li guardo fare. Ma io, Gravidella putrida e sommamente strafalciona, non faccio da ingranaggio. Vieni a dirmi che non è così. Vieni a dirmi che comunque nessun meccanismo è evitabile, e che mi farò incastrare in cose che non so. Vieni a dirmelo, sofiaccadotto.

Che hai ragione, che hai ragione. Ma:

sono io a decidere per quanto so. Posso sapere poco (dimmelo, se ne hai il coraggio!) posso sapere male, questo è difficile da dire, posso sapere strano, qui è difficile inserire, posso essere intenerita dall’impotenza di tutto quanto un po’, ed essermi eternamente rifiutata la possibilità di morire perché niente mai più sarà vivo, e vivo è fare così, DISTOGLIERSI, andare dove dico, in quanta superbia e satollaggine, me le darai una volta per me quando ti sono sempre state criterio?"

Gravida delira, bene. I suoi mondi sono simili a quelli di un De Magistris o di una Forleo, due nomi non a caso, contemporanei, dai, a credere han creduto e a sapere han saputo, poi le cose si sono irresistibilmente complicate in poteri non assumibili, inutile dirle che non realizza, realizza contro, realizza vero (così si sente) (così è provato) ma il Bel Tribunale della Cosa che E’ la ributta nella merda incapace, e i conti (e li fa!) li fa con il non-strutturato.

Signori e Signore! Ecco il giudizio della Santa Merda , a noi davanti per sempre nella suo Ordinatissimo Palinsesto.  Facciamo di quest ‘Ordine legge morale, e lo facciamo, eppoi odiamola fortemente, irresistibilmente, potentemente , odiando un po’ anche noi, che un po’ da lei emaniamo, quand’era molto giovane, quand’era molto bella e conformante questa Merda era il Sogno.

5 thoughts on “

  1. Silvia, piccola silvia furibonda. Credo che sia arrivato il tempo di un’opera scandalosa. Tu che non sei una belladonna, ma una cicatrice che non rimargina nel corpo della parola, dovresti convenirne: dobbiamo entrare in un’opera scandalosa. Merda.

  2. Voleva essere un invito a un ballo (oggi sono monca, mi esce tutto troppo cifrato, o troppo fuori). Insomma, signorina, ballerei con lei una danza scritta. Scandalosamente.

  3. Insomma, semplifico: volevo dire: sei una che scrive in modo autentico. Una che– Volevo dire: devi essere un romanzo.

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