Cordina a parapetto sulla sera tumida, e che
sbilanciata pende poco fa,
una storia da non augurare, a piccoli passi mentre
a picciole entrate eccola nel tramonto:
era un ragazzo con occhi che sfilavano
un grosso cuore
a mango.
Quando le hanno ridato le ossa catafratte
e quando la luna per sempre l’ha potata
e quando nulla più ha cantato nel solco capovolto
fossile, duro,
e a perdita in rinascere, nelle aperture monda,
era di me tutto il suo sorriso invertito.
Adesso che le tremano le mani e dentro la sfronda
un’angoscia sottile come la bava strattonata, io
la voglio avvolgere al mio, che è un amo d’acciaio
a sostenerla bene
(che cade, crolla), e per i mille anni
e per tutte le sere.
In questo (ac)canto– come si vedono le lucciole che tagliano il mattino. Ed è solo il primo mattino.
cara silvia, tu e maiko avete qualcosa…qualcosa che vi fa sorelle
Silvia, buon natale–