Monica sapeva disegnare come dio, e aveva una competenza precisa delle cose che faceva, non ammetteva supposizioni (salvo poi ricredersi se si rivelavano vere).

Sylvia scriveva poesie piene di uomini, piene di padri, piene di lazzaroni, rivolta verso il suo corpo di spina spiga, forse non erano poesie piene, forse erano vento neve.

Ascoltare De Gregori, ecco cosa ho fatto per molta parte del tempo che ricordo, le sue equazioni magiche come le navi al mare, come il sole all’orizzonte la sera.

Da qualche parte c’è un uomo che non ritorna, la notte gli uomini non tornano, Filumena, e sposarli è lavoro duro, impegnativo, ma il mito della putta buona regge bene.

Sempre chi non ritorna, l’eroe negativo, il pirata, lo zingaro, Velasquez com’è duro questo amore, tu arrivi ogni biennio in questo paesino piovoso, ci hai portato il pepe.

Frida passava di là, ogni mercoledì, a lavare le pentole unte sulla riva spettrale, e amava fare quelle cose lì, spolverare, un castello, ma il re del mondo la invita a teatro.

Charlotte, sometimes, sbuccia l’arancia con perizia, so che è sposata, presa, ma io, molto giovane, molto molto giovane, io giovanissimo penso al di lei amore, mentre.

Nascita e morte sono due momenti che si incontrano, uno dice all’altro "come va?", l’altro risponde malvolentieri che non gli è concesso parlare con i sigilli.

Un matrimonio sono, da un po’ di anni, due che cercano di abituarsi al dolore che si aggira tra i loro evitamenti come se fosse vero. E’ così che iniziano a parlare.

Uno diventa la sua smorfia, sa grimace, nessuno lo ha detto così bene, Ferdinand, la faccia prende in prestito tutte le contratture fatte per tenersi da qualche parte.

Lasciamo stare il collegio, ora sei in ufficio a mettere timbri e a ritrascrivere comunicati, guardi fuori quel poco di sole, entra chi sai e pensi a Don Guido, parli a lui.

Mentre i danesi se ne vanno, hanno posti prenotati sull’aereo, nella tua africa centinaia di persone sono ora, incredule, ferme anche se scappano, nel macello del machete.

La scrittura non entra nella morte delle cose. Ne parla come se fosse vita, la lascia a se stessa, la rivuole indietro, si imbizzarrisce come un toro trafitto sbalordito.

La scrittura non parla della morte delle cose. Ha un movimento di rinascita continuativo, romantico, scandito, segue la malattia come fosse divenire d’anima.

Nietsche, sifilitico, dà movimento ad un occidente squartato dal principio di non contraddizione, lo converte in parabola oscena, punta alle radici del peccato globale.

Ascoltavamo gli Stormy Six in un tripudio di assensi, seduti sulle Panda nere, in un imprecisato ma confortevole e marittimo e luminoso e lucido mattino portoghese.

Monica osservava con attenzione il movimento dei cani, il loro rapporto con il padrone, l’attività indipendente, quando annusano, escono dalla traiettoria, guardano altro.

Gertrude non avrebbe pubblicato niente, o poco, se chi l’amava non avesse inisistito, certa della sua unicità, certa del suo gravissimo cuoreculo innestato alle parole.

Emily, un fantasma della nuova Inghilterra, continua ad aggirarsi tra trifogli ed è certo che è ancora lì, un torrido occhio per cena, a mascherina anti-morte perpetua.

L’arte effimera, le sculture di ghiaccio, i disegni strappati, internet mia cara, tutto gonfia lo spazio che hai preso, sogni sempre una coppa, un trono, un arrivo pieno.

Ma Laura è morta anche se aveva un nome, morta di cellule anomale, cellule nuove, e non si scrive , non si dice, non si pone, l’eterno è subdolo e solo una canzone.

3 thoughts on “

  1. 3 righe bastano. Come il gran finale dei fuochi di S. Erasmo, quando scoppiettano.
    Gran bella prosa, questa. Ciò che si va cercando, tutto sommato.

  2. pensavo ci fossero solo tre persone che conoscevano gli Stormy Six: io, mio fratello e il suo amico. Ogni tanto qualcuno si aggiunge a questa lista

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