Sono una vecchia madre. Adesso ancora sveglia, ora che nelle pieghe progressive la notte si dispone a strati d’alba e si sentono fuori scrìcchioli d’uccelletti in tormentati gazoo mi sono distesa, mal corrispondente, in morbido delirio. Adesso immaginata molte volte sottile l’ansia del luogo non prevedo e non sento, ma si sovrappongono figure per sempre amate in andirivieni frenetico. Seduta davanti alla finestra della sala da pranzo, oramai immobile nella grassa attesa del prossimo round, il mio nipote più buono e che ha occhi solo per me ha solo per me gli occhi ha occhi grandi che parlano soli . Un piatto di minestra. Anca ancò emo magnà. Gea dal furbo sorriso.

Sono la vecchia madre, nella cosmogonia di Esiodo primaria cosa emersa da caos e ho generato sola Urano e il cielo stellato e le montagne e Ponto, seduta sulla sedia, poco assistita, all’ospedale di Negrar, tra le puerpere starnazzanti, staccato da me non ti sono riuscita a pensare ma premevi tanto e forte chissà che ti credevi. Che avresti scambiato files musicati su kazaalite? Che saresti partito carabiniere per l’Iraq sconquassato? Che ti avrebbero assunto supplente nelle classi di matematica nella scuola dei ripetenti? Che non trovavi la berlina adatta al tuo matrimonio ritardato? Che saresti stato amato dall’ultima delle tue mire? Che saresti partito per l’america per un posto certo da neuroradiologo? Che avresti trovato lavoro in cartiera e mai più altro? Che saresti entrato a piè pari nella vita disastrata della contessina accanita? Che avresti fatto strip umilianti per pagarti l’eroina? Che avresti aspettato dieci minuti dieci prima di parlare davanti a quella donna schifosa? Che avresti perso ogni voce, ogni voce possibile, in incastro stabile di prospettiva?

Mi passano vicino come se non avessi nome, ingombrante ed indesiderabile cosa che sono, ma per te sono stata importante, vero? mio tato? Che inveivi contro il fratellino urlante? Ed ero al centro del tuo mondo umido. Mio. So di non essere buona ma crocevia di spinte contrapponentesi e risultante vettoriale di forze sòliloque, so di non essere buona anche se Madre e Investita, mi viene in mente ora: non saprei dire bene quale fosse il desiderio di sempre. Avere una mia casa con l’uomo e avere dei bambini da lui. Questo potrebbe bastare. Necessità di consenso? I miei bambini ed io stessa abbiamo bisogno di venire riconosciuti dal paese. Ho capito meglio che tu sia morto in Grecia, meno che tuo fratello sia nato cerebropatico. Ed è tutto un uh uh. Ed ha quarant’anni suonati. E lo custodisce e lo cura sua sorella ma io, IO, sono madre di un handicappato. Lo dico ai vicini di casa prima di presentarmi. E’ una croce alla mia maternità gloriosa, al merito, certo, ma io non sono buona, desideravo gloriarmi di figliuomo nella reggia perchè il paese (Affi, quattromila abitanti, con Incaffi e la Cà Orsa i sta tuti ne na borsa) potesse dirmi che brava donna fossi, magari la migliore. Ora sono in carriera direzione santità, pensavo ad altro fasto ma può andare, tutto questo andrà.

Ecco, figli esausti, la vostra vecchia madre. Gea, Gaia, dal mio figlio maggiore ho generato i Titani, le Titanidi, i Ciclopi dal solo occhio e Crono. E l’ho stuzzicato, Crono-Saturno della melancolia, ad evirare il padre, mio figlio stesso, per fecondarmi ancora che dal suo sangue potente nascessero ninfe e giganti e vendetta (tutti nascosti nel ventre della terra li teneva questi bei figli del cielo). Dal mio figlio minore cinque divinità marine. E dall’inferno, il luogo più interno, un mostro alato con cento teste di serpente e le fiamme negli occhi e Echidna, ho fatto anche lei, l’ho fatta metà donna e metà povero, povero rettile.

8 thoughts on “

  1. Scrittura di una forza impressionante. Molto malleabile a seconda del contesto o dell’umore che si manifesta. Quando ti fai troppo colta mi sfugge il tuo pensiero.
    Andrea

  2. ‘J’ai un corps pour t’attendre pour te suivre/ Des portes de l’aube aux portes de l’ombre/ Un corps pour passer ma vie à t’aimer// Un coeur pour rever hors de ton sommeil’

  3. la terribile creatività che dice. in monologo di madre terra, che è sé. sempre. e titani crea, lilliput d’ombre. generose, forse, limpide, sempre. mi è piaciuto tutto leggendo. tremando.

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