Com’è che procedo gobba, tenendomi il fianco destro con la mano?


Più di una volta mi sono chiesta, ora che è un poco che lo faccio, se davvero avessi voluto scrivere qualcosa. Perchè non credo, ecco, che proprio volessi scrivere qualcosa. Scrivere va da sè, casomai. Probabilmente mi sarebbe piaciuto cantare.


Cantare significa: prendere l’aria racchiusa dentro e farla uscire modulandola in pensieri emotivi eterodeterminati, che dipendono dal testo già noto (preconscio) e dal testo non noto (inconscio) e dal testo noto ( “adesso canto una canzone d’amore”). Per esempio. Cantare significa accordarsi su una nota che non si sa chiamare, e svolgere inconsapevolmente un tessuto melodico che è dentro l’orecchio, dove potrà mai essere se non so chiamare né decidere quale nome dare a cosa uscirà da me? Il testo scritto, la codifica, il testo letto per decifrare gli altrui cruciverba sono sanscrito per i musicisti d’orecchio.


Nel canto ci avrei messo: questa incandescente paura. Una paura pura, un terrore visionario che attorciglia di sè ogni percorso e mi rende le sedie paurose, gli aerei paurosi, paurosi i ponti. Una paura viva, gentile, che mi salva da un sacco di morti temute, premature, catastrofiche. Si sarebbe girata, medusa multiteste e cerbero alla catena, e mi avrebbe soggiunto ” vero che mi ami, non più giovane inclusa, vero che non puoi fare senza me che bruciante ti guardo resa paralisi, in fascino? vero che sono l’attesa più caratterizzata con cui sai esistere?”


Ma nel canto ci avrei messo qualche efficace incantesimo. Non ne conosco molti, a me sembra, ma quei pochi sarebbero tutti usciti, quelli che so dire. L’esorcismo dell’anticipazione: so già che sarà per cui ne elenco da subito tutte le conseguenze. Cadremo in mare, cadremo in bocca, ci arresteranno, mi lascerà. E la pratica del sacrificio rituale, capelli tagliati e lobi forati e seppelliture di oggetti talismani , affondamanto di statuine nei laghi, lacerazioni volute e morsi e la testa sbattuta sulle pareti, l’occipite. E l’atto magico, il fare accadere le cose senza che nessuna logica le regga. Al tre, al due, domani lo faccio, orione corrisponde alla quart’ultima casa, decifrazioni barocche di numeri usciti dalle carte, le parole della poesia brumosa corrispondono al dire di lui.


E nel canto ci avrei messo il dolore dell’abbandono, la partenza che continuamente sogno e mi truffa il sorriso fiducioso, un pianto esanime ininterrotto superiore, un signor pianto che modula più scale, la più piccina l’urlo rauco, poi il lamentevole gridato, poi il singhiozzo alternato, poi il pianto d’occhi, alto, poi quello sommesso, costretto, disincantato, poi il pianto dentro che conoscono solo i cani . Il dolore del morto inventato, il morto interno, chi era per sempre che se ne sarebbe andato.


Nel canto ci avrei messo il candore del sonno. Ed un risveglio amato diventato rimando. E il furore della notte diventata ritorno.


Ci avrei messo, in quel canto, l’amore del vento, lo scompigliarsi delle cose, delle fronde, dell’acqua come piacere-movimento, precipitarsi nel percorso di una forza altra con buone gambe, e sentirle intere, intatte, vere, farsi portare altrove senza perdersi mai, inventare. Inventare deve derivare dal vento, da quel momento di danza fendente, scoccato che ti sbilancia senza perderti.

5 thoughts on “

  1. il vento è danza fendente che ti sbilancia senza perderti? in ventare intendi? allora anche di ventare? av ventare?

  2. La paura è un peso greve, sugli occhi, sul collo, sulle spalle. Chi ha paura non è leggero mai, e le sedie si rompono(nell’attesa), gli aerei precipitano (volando) e i ponti crollano (nessun futuro) Paralisi in piedi (se non vivi ti salvi, ma non puoi fingerti morta) Le carte,le stelle, il disegno, (siamo grandi per finta, voglia di affidarsi, che qualcuno o qualcosa decida di nuovo per noi) le cause e il loro effetto, l’affetto e la sua assenza. Il dolore ha un’immagine precisa, piegarsi su se stessi, la testa china e un braccio a sostenere la pancia o il fianco e un urlo chiuso in bocca, muto. Straparlo? Forse. Questo tuo scritto mi ha colpita e affondata.

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