Inizio sogno (1)

 

Io, piccina foresta accampata sopra un canotto guardo sotto, verso la grande stanza di una casa sul mare.

Là stanno seduti attorno ad un tavolo rettangolare e sono sicuri di tutto mio cugino, mia cugina ed il geometra comunale.

Sono con loro, dentro, e li osservo attentamente : mio cugino, mia cugina, il geometra comunale.

Un vecchio amore, occhi verdi, dovrebbe starmi a sentire, non mi sta a sentire, mi avvicino e provo a bloccarlo, lui se ne va con quella che ha maggiori attrattive.

Allora scendo a tavola.

 

"Cosa vuoi fare, cosa pretendi, testa di cazzo, arrogante sbruffone, insolente, ipocrita! " grido al geometra che sta spartendo male la cena e che si sta servendo per primo.

Questo se ne va e mia cugina si lamenta perché a causa mia non riuscirà ad ottenere il lavoro che aspettava.

Mio cugino mi chiede cosa spero di riuscire a realizzare in questo modo.

 

Non lo so, non lo so, non lo so, resto solo con un vago sentimento di successo, come se qualcosa si fosse fatto per poco.

Moderatamente contenta, mesta torno al mio canotto dove il vecchio amore, occhi verdi, ciglia brune, sorriso infinito d’oltrecielo continua ad amare anche l’altra, ancora, ancora, ancora.

3 thoughts on “

  1. Non paura, però un sotterraneo fastidio per questa pretenziosa primadonna che adesso, nientemeno, “lotta” pure.

    Non mi dire che il primo brano (questo) è un’esposizione oggettiva del sogno: quel “piccina foresta” è una selva (o una silvia!) malandrina assai.

    Lascia a questi poveri cristiani il tempo di leggere, tra una fatica e un pane quotidiani!

  2. Grazie Rob.

    Poi, più tardi, però, dovremmo intenderci sul concetto di oggettivo.

    Ovvio che piccina foresta vien fuori a me, magari Dante direbbe nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva, resta che il sogno è COMUNQUE già ben triturato quando lo racconti.

    E ti assicuro che questo è stato il mio primo racconto del sogno, così com’è uscito sulla “carta”.

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