"Ciò ch’era perduto era celeste

e l’anima malata, santa.

Il nulla era un vento che cambiava inspiegabilmente

direzione, ma ben consapevole, sempre, delle sue mete.

Nel nulla che si muoveva

ispirato in alto

capriccioso come un ruscello in basso

ciò che importava era sempre una storia

che in qualche modo era incominciata

e doveva continuare: la tua.

Chi mi aveva chiamato lì?

Ogni mattina ricominciava la tragedia dell’essere,

dietro i balconi prima chiusi e poi aperti, come in una Chiesa.

Che il vento divino soffiasse inutilmente

o solo per dei testimoni-

Poi le abitudini, queste sorelle della tragedia-

Il mare e il suo vento ebbero tutti i nostri sviscerati elogi-

Il tuo "esse est percipi" incontrava tremendi ostacoli

da superare, e ogni vittoria era una povera vittoria,

e dovevi ricominciare subito

come una pianta che ha continuamente bisogno d’acqua.

Io però, Maria, non sono un fratello;

adempio altre funzioni, che non so;

non quella della fraternità,

almeno di quella complice

così vicina all’obbedienza e all’eroica inconsapevolezza

degli uomini, tuoi fratelli malgrado tutto, non miei.

E tu, atterrita dal sospetto di non essere più,

sai anche questo,

e ti arrangi a farti da madre.

Concedi alla bambina di essere regina

di aprire e chiudere le finestre come in un rito

rispettato da ospiti, servitù, spettatori lontani.

Eppure lei, lei, la bambina,

basta che per un solo istante sia trascurata,

si sente perduta per sempre;

ah, non su isole immobili

ma sul terrore di non essere, il vento scorre

il vento divino

che non guarisce, anzi, ammala sempre più;

e tu cerchi di fermarla, quella che voleva tornare indietro,

non c’è un giorno, un’ora, un istante

in cui lo sforzo disperato possa cessare;

ti aggrappi a qualunque cosa

facendo venir voglia di baciarti."

 

P.P.Pasolini 23 agosto 1970" La Presenza, Trasumanar e organizzar.

prima rubato poi inviato da Chiara Yorke (http://chiarayorke-karpos.splinder.it) alle 18:47 del 05 aprile, 2004