Un cagnetto bianco ed un gattaccio nero. Sesso non è dato sapere, diamogli del generico maschile. Forse in questo momento al gatto stanno facendo la pelle , ne sentiamo insistente il rumore, ma esso gatto è al centro esatto della nostra storia quindi si procederà.

Perchè nella villetta accanto alla mia si è stabilita che non saran due anni una famiglia composta da elementi umani, elementi animali ed elementi fantasma. I due anziani genitori della proprietaria li abbiamo conosciuti quasi subito, che si son fatti tagliare la siepe dal Tata che inaugurava il decespugliatore, simpatico biglietto da visita double-face. Non abbiamo ben capito il vero perchè del loro trasferimento da Garda, fattostà che la signora che si presenta con il suo cognome dopo la normalissima presentazione del mio (e perché dovrei mai usare il mio cognome visto che c’ho un marito? ma signora, cielo, non è mio marito! un compagno qualunque, certo che no, un compagno speciale, signora, specialissimo visto che le sta tagliando agratis la siepetta ispida e che ne sarà così contenta poi, così contenta dopo, sarà la prima cosa di questa formidabile giornata che racconterà al ritorno di lei, la padrona di casa)

la madre di tutti, insomma, ha questo suo figlio nato handicappato, la seconda cosa che ci dice, e noi qualcosa si era capito perché dalla casa accanto escono strani rumori, sono ululati ecco, vengono prodotti in ore chiave e non in modo continuativo, con la bella modularità dei metodi d’espressione, all’inizio però era difficile riuscire nella decodifica e sembrava solo disperazione.

La proprietaria della villetta ha un figlio, a sua volta, natura vuole. Esso figlio è un piccolo diavolo, quasi a moltiplicare per n cospicuo volte la storia delle limitazioni della condizione dello zio, canta come un sopranista tutte le ultime canzoni messe in suoneria di telefonino, gioca a pallone nel suo e nel nostro giardino quando la palla salta il muro, random, bestemmia che è un piacere tutti i santi del cielo mio marito e da poco ha imparato a guidare il motorino e su e giù dalla salitella della frazioncina solatia e silenziosa, accolto malissimo, invero.

Così arriviamo al gatto. Nero arruffato, schizzo di persiano, non cammina, striscia, a un centimetro appena dal suolo e quasi sempre visto che sempre qualcosa combina. Bruttino ed apparentemente pavido il gatto non sembra dotato di particolare personalità. E qui vi sbagliate.

Il cane, invece. Il Tata lo chiama Milou perchè a detta sua è identico al cagnetto di Tin-Tin, andate a ripassarvi la linea chiara molto prima di Manara. Ma il suo nome è Robi, credo, che inizialmente pensavo fosse il nome dello zio poi però ho trovato la cosa un tantino ostentata. Cane discreto, poco abbaiatore, ottimo vicino di casa, buon olfatto per tutto ciò che si muove dopo la mezzanotte, allontanatore di buona parte della fitta generazione felina che nei dintorni si riproduce e prospera come ovunque mai (sicuramente i gattini li abbandonano nei dintorni, quei timorati del bel paese solatio).

Piccola parentesi per gli uccellini della voliera dietro casa, quando si amano gli animali due uccellini in gabbia e due pescetti in acquario non mancano mai.

La presenza fantasma è l’Uomo Adulto Normale dell’ensemble. Mai visto, c’è chi mi assicura che c’è e che lavora duro. Mai visto, mai sentito, buffo no? L’Uomo Adulto Normale della famiglia, corposetta se consideriamo anche la presenza animale, l’Uomo Adulto Normale è un fantasma. E sarà per questo che accanto a noi succedono cose bizzarre.

Torniamo al gatto: si era sempre fatto i fatti suoi, forse anche perché eravamo stati da poco colonizzati da una famigliola della sua specie che ci dilettava di notturne serenate e di appropriazione di cataste di legna, angoli di imposta, qualunque cosa morbida lasciata fuori casa. Finché non ha smesso.

Ha iniziato a pedinarci. Una vera spia. Sa tutto di noi, lo svegliato, il partito, il preparato, il mangiato, lo sparecchiato, il riposato, l’innaffiato, il letto, il digitato, il bevuto, il suonato. E non dico altro. Tutto. Come per darci un preavviso di quello che ci sarebbe costata la sua finissima attenzione lo vediamo un paio di settimane fa attraversare il prato, dal terrazzo, in bocca un sacchettino di plastica.

Circospetto, nel sacchetto qualcosa. Il tenace mai si ferma a gustarne il contenuto, visibile ed odoroso, mille volte certa. L’intrepido passa sotto siepe, l’antica siepe, seguito da sguardi sbalorditi, e porta il sacchetto ed il suo contenuto al secondo piano della villetta vicina, casa sua insomma. Dritto in bocca al cane, e si fa per dire visto che nessuno si getta famelico su alcunchè. Tutti in famiglia corrono avanti e indietro come ballerini, il ragazzino, la padrona, il cane, il gatto, i cardellini, e nessuno osa agguantare e fare suo il prezioso dono del gatto.

Perché di dono si è trattato! Vi giuro che il gatto ha portato le costine (la padroncina ha poi osato guardare) rubate al cane, che le mangiasse lui. E se avete voglia di leggervi Cassola per crederci fate pure, vi dico che è fatica sprecata.