Libero da che cosa? Che importa… Il tuo occhio deve limpidamente annunciarmi: libero per che cosa? F.Nietzsche



Una cosa che penso della poesia è che la poesia va proposta nuda.


Deve poter mostrare la sua forma assoluta, la poesia, i suoi difetti, i nei e le pieghe di grasso, o le costole davanti. Il pelo, tutto il pelo che ha. Deve permettersi il coraggio dell’oscenità e della pornografia. Registriamo la struttura di tutti i suoi buchi con la videocamera, cerchiamo di capire quante penetrazioni potrà tollerare, e a quante altre potrà essere sottoposta senza forzature. Chiediamole di proporsi in tutte le posizioni possibili, e di immaginarsi orge con partner affamati e furiosi. Deve poter liberarsi da qualunque vergogna, la poesia, arrivare lì intatta e fortissima, prendere su sè ogni piacere e decodificarne la violenza, sublimarla lungo le linee eternanti delle sue ossa.


Poi penso che la poesia non abbia età, e su questo non concordo con Moana Pozzi. Leggevo poco fa pezzi del 1993 e pezzi di qualche mese fa su Anterem, una buona rivista di ricerca letteraria, la pubblicano a Verona dal 1976 F. Ermini e S. Martini , e le cose migliori, S. Martini è morto, sono quelle della rivista più giovane, ah!, ma per noi già vecchie. Essere giovani e vecchi significa non avere età, una potente logica. Nessuna età per la poèsia, è una signora, una porca signora a voler congiungere con una e le due proposizioni anzidette, e visto che parliamo di logica proporrei un nuovo ridente nome a tutte le antologie della nuova poesia sboccianti a ritmi duri in ogni angolo editoriale, e il ridente nome è questo:


tautologie. Le antologie del “nuovo costume poetico” sono tautologie, autoconfermanti, autoreferenziali, non fanno che dire ” ora sta succedendo questo, guardate che bello che stia succedendo questo, come vi sembra possibile che questo accada ma questo accade e quindi ve ne farete una ragione, oplà!, quant’è bello che ci possiamo dire tutto quanto fa spettacolo, perché vero è che tutto spettacolo fa”. Il 1987, ad esempio.



Una cosa che penso è che la poesia debba fare i conti con il suo tempo. Attenzione. Un tempo non è un’età. Un tempo è questo qui, questi ultimi trenta-venti-dieci anni, in cui tutto viene detto, e può passare, in certi canali, nei suoi canali. La sensazione che tutto passi me la terrei per me: c’è un filtro comunque, dovuto. Viene filtrato ciò che vende, certo, sostanzialmente ciò che vende. Il primato va alla pubblicizzazione, ma restano residui del buon tempo “antico”. Le università. Le nicchie della sinistra illuminata. I dioscuri delle case editrici, dei premi letterari, i padri-padrini dei quotidiani a trecentomila copie al giorno, i gusti (e gli amori) personali degli agenti dell’opera viva, sommersa. Cose antiche, pedisseque, con le loro varianti epocali ma sempre state, nell’alchimia dell’adesso diventate (ahi Severino!) confusione.


Poi penso che la confusione possa essere detta, scritta, e che la poesia, questa porca signora commerciale, possa renderne conto. E qui arriva a servirci la scienza, la possibilità di utilizzarla, nostra filologia, nostra sistemica, nostra psicanalisi, nostra scienza della storia, nostra geopolitica, nostra linguistica, nostra logica, nostra sociologia, nostra ermeneutica, nostra epistemologia, nostra filosofia, nostra teologia, nostra economia, nostra ecologia, nostra biometria, nostra conoscenza delle dinamiche produttive e del lavoro. Nostra politica.



Questo penso della poesia, e che nessuno mi chieda mai cos’è, blasfemo, pornografo, osceno, imberbe, commerciante, venduto, ignorante, stupido.Chi chiederebbe mai a una madre cos’è sua madre? (per poi vedersi magari disconosciuto, dichiarato frutto di qualche filmetto assecondante e distratto). Prima regola Clarice, semplicità. Leggi Marco Aurelio: di ogni singola cosa chiedi che cos’è in sè, qual è la sua natura.

4 thoughts on “

  1. “le cose migliori sono quelle della rivista più giovane”.
    io ho qualche numero recente di Anterem e sinceramente non riesco ad apprezzare una riga di quanto vi leggo. “Anterem ha un difetto” mi hanno detto, “loro fanno ricerca letteraria e se una poesia è semplice, immediata, la valutano scarsa”.
    Io, dopo aver assistito a qualche incontro (dovrebbe essercene uno anche domani alla Gran Guardia) ho semplicemente l’impressione che si parlino addosso. Se fossero veramente ricercatori dovrebbero avere il coraggio di dire: silvia, sali sul palco e leggici il tuo manifesto letterario, spiegaci cos’è la poesia perchè noi, dopo 30 anni non siamo ancora riusciti a spiegarlo con parole chiare
    ciao
    paoloperlini

  2. Paolo, un po’ di ragione ce l’hai. Sono attorcigliati su loro stessi, sulla volontà di potenza, sulla creazione di un mondo d’eccellenza che passi da chi eccellente lo è già. Adesso stanno pubblicando soprattutto stranieri ed esteti.
    Resta una buona rivista, che dirti, pubblicano comunque con attenzione e in quanto a semplicità la Cini Mara basta e avanza.
    p.s.
    la rivista più giovane è quella del 1993, quella più vecchia, per intenderci.

  3. pensa che quando studiavo pianoforte andavo a lezione in via cantarane 10, dove c’era una delle loro prime sedi. Un giorno ho visto un libro di poesie uscire dalla cassetta della posta e sai cosa ho fatto?
    Sì, l’ho proprio rubato. vent’anni dopo ho espiato la mia colpa comperando la loro antologia
    ciao
    paolo

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