Comincia l’inverno
ed ha un suo segreto suono:
lo fanno a pezzi le stabilizzate
dell’assestamento.
Comincia inverno, che volo!
Comincia sul quadrivio delle troie
e nell’incessante battito
del cuoio cuore.
Spodestato e di traverso
per quanto inverosimile ti sembri
comincia inverno!
nere nevi tendi
e diventa sepoltura.
(un nostro scontento qualunque
passa difilato, estende anima e doppia
sull’estate di buona speranza
vago il filamento ambrato
a due passi due dalla porta di stanza.
Non fa nomi precisi, solo sale
tra il qua e il là delle possibili
gaie et splendide coste,
è rumor di selvaggina
e si solenna)
Ma ci capita di venderti ancora come
inseguire frottole nei corridoi
come stare composti fra mille tuoni
come indovinare numeri e riprodurre
l’amagia che insegnavi, sei ancora lì che
ci convochi, tutti per te nelle sere di veglia
e addosso agli occhi in dormire.
Non ti interessa certo sentire solo i rintocchi morenti delle cinque.
Ma succede che, chessò, un librino
consoli a meraviglia il fatto imponderato
e diventi reale. Lo incastri nella visione
e ti dai due mani di colore previsto amaro.
Balli a tutto tondo, ed è una felicità
morbida e sontuosa e penitente e
, senti, uno sballo così non appariva
prima non c’era, non rimaneva intera.
Tutte le volte che chiamavo mi preparavi una risposta che cadeva.
Comincia l’inverno
e moriremo barboni alle città
vecchie stamberghe collassate
ardendo, ardendo.
Comincia l’inverno demonio
sulle strade basagliano uccellini sparenti
e mai altro gusto avrà
un loro comunque amore.
Accatastato e convesso
sui tagliati, sui loro lembi densi
esplodi inverno!
bricioline scintilla
nella cava urna fradicia.
Ma per prima offri la tua unghia al cielo
scadente principio e di bellezza gelo
offri il tuo fiato a quel che non vogliamo
sai che non siamo, che rompemmo il
rumore dei passi su viottoli fantasma
e che tutto diventò vicino quando screziato
cieco di lampadette alogene si fece meno.
Portaci dove una bambina riesce a stabilire cos’è caldo un tramonto.
Ma devi, suona strano?, devi!, incidere
sulla pena del vuoto un fiorellino, due foglie
e dare notizia del suo stelo fratto, scrivi
i nomi delle cose perdute, dicci:
aspettiamo quasi giovani un ricordo che
congiunga qui con noi se si prepara il giorno
anche un giorno d’inverno, tipo verso le tre.
Vedi bene anche te che è continuo il morire se per sempre viviamo.
sai, silvia, ho letto questa tua di oggi come si fa quando si è dietro la finestra, dentro casa, separati dal freddo, naturalmente moderni, e qui ti arriva un poeta, una poeta, che ti ha rimesso dentro i pezzi, ma proprio tutti, quelli di vetro e quelli di cartone, lo sguardo sotto il vento, quello sei e quello ch’eri. ti leggo perché tu racconti.
eh già: c’è il racconto e c’è il dormiveglia. siamo in limine.
Pensavo ad un inverno nel quale identificarsi senza che per questo tutto venga portato via. Anche tu Nerina eri tra i pensieri, dicevi di cupezza e la cupezza ha senso.
io ci entro in piedi. per punte morbide. ché tutto c’è. qui. per vetrini a colori. epure, un fuori. ( dorinda )
ciao dorinda.