Dicevo che mi piaceva la notte, che mi piacevano le sorprese, che mi piacevano le cose fatte con le mani, tirate fuori dall’argilla, dalla terra e dal sole, che mi piacevano gli inizi. Gli inizi di qualcosa che inizia, mi piacciono le cose che partono e vorrebbero andare da qualche parte, ne hanno la voglia, gli occhi e la bocca. Poi ‘sto cazzo di splinder si ciuccia tutta la mia poesia perché becco il pulsante sbagliato, sono furiosa e becera e porco e cazzo cazzo cazzo. No perché mi è già capitato di scrivere molto sul post che più virtuale non si può e che tutto parta per un errorino, allora salvo prima e stavolta chessò, avrò cliccato su qualcosa che non andava, ma è stato breve, è stato poco, è stato niente, ridatemi le mie parole, buchi neri del niente informatico, zeri uni balordi che vi odio quantevvero. Che è vero? E’ vera questa cosa che raccontavo prima, che mi sono trovata in una selva oscura, che la dritta via era smarrita, con la mia preferita coppia, Alessandro e Rossella, e che l’umidore e il buio ci amavano e nutrivano, quel che basta per divertirci, intendo. E che abbiamo dovuto affrontare salite oscure e paura di cani e paura di morte (coi suoi lumini) per entrare in depositi apparecchiati di molte genti e intenti, subdoli? semplici? feroci? candidi? Lo dicevo diverso, ma il cuore, quel muscolo adattato al sentire e al vivere, mi si allarga quando sono in scene così. Allora la scena (questo per Rosamaria) : noi vicini appena distanziati da qualcuno che si è spostato per farci spazio, davanti qualcuno che sorride, pochi. Candele e gente che serve, alle spalle, intorno, e un imbarazzo, una titubanza (questo c’era anche prima), un tentenn, e dai che quante volte è già successo di trovarsi davanti a qualcosa che non ha preciso intento, forma, pensiero, vaccaboia, a me basta pensare ai concorsi statali, i nostri intendo, italiane vere forme di estraneazione. Ma a me piace pensare, perché io queste cose le sento bene, mi scoccano come quel benedetto cuore dentro, che un selvaggio cosa-incontro è stato bene amato e ben voluto. Che non ci siano state cavie. Che ci sia stato ascolto e compassione. Ah si. Cioè, insomma, dico che per me è stato così. E ripeto: mi piacciono la notte, le sue braccia amanti, il suo nascondimento, e mi piacciono le sorprese, la meraviglia della luce inedita, che mi piacciono le persone e la loro strana forma nuova e mi piacciono gli inizi, quando tutto è possibile e inventabile e amorfo e oscuro. Allora, allora, c’è un incontro, importante, proprio lì sennò a che vale cosa dico, proprio solo proprio lì, in quel bivacco cupo d’intrigo e miele (abbiamo molto ben bevuto), un incontro, magari solo mio, perchè, signori del signore, io me ne sono accorta e voi continuate a parlare di affari astratti oh. Frega un benemerito, io ho incontrato Massimiliano. E vi parlerò di lui, a voi del poco niente, perchè anche solo un minimo movimento di ascolto ve lo avrebbe svelato, come forse avrebbe svelato ancor’altro, vi parlerò dello piccolo spazio che ha deciso di prendere. Del suo piccolo luogo, enorme, di una storia velocissima e quanto mai intensa che lo percorre, di un’altra specchiante ed impaurita. Massimiliano non si dice agli happening, sono quindici anni che sceglie le strade che vuole. E’ andato dappertutto ed ha visto cosa muore, ma prima cosa nasce elegante e virtuoso, non virtuale, elegante e sensibile, non performativo, elegante e povero, poco ideologico, povero ed esplosivo, non arringa alla noia del non risolto, dell’attorcigliato, del definitivo. La morte nelle lettere, questo non è. Ma di lettere parla, che conosce bene i danti e i quant’altri, che di lettere insegna, e certa che insegna bene, e quanti di voi sono "critici"? Certo che siete "critici", dei "critici" si sente l’odore. Ma di Massimiliano non si sente nessun odore molesto, è morbido e lunare, parla quel poco ma dice, sottile e deciso, e se ha odore è di cane buono, quei cani che, come scrive, ti stanno vicino e diventano una grande madre. Gentile, amorevole, attento, efficace, fluido, toccabile, vivo, un ragazzo così non può sfuggire, sono contenta di quest’incontro e piango per voi, architetti del quasi niente.

4 thoughts on “

  1. nonostante la pratica io ho ripreso a scrivere a mano e poi riporto tutto su file. Ho riscoperto il piacere di far scorrere la mano.
    Mi piace questo fiume di parole che esonda, tracima e mi fa sentire un architetto del quasi niente
    pperlini

  2. Io lo dico sempre che certe cose sono maledettamente serie; non è cosa da tutti finire un ragionamento senza perdere la logica delucidazione da dare agli altri disattenti.

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