Basta spleen.

Vorreste che parlasse:

di cosa ha fatto, di chi ha incontrato, come

un successo, uno smacco, l’irruenza

di un incontro, un’operazione;

vorreste nomi, date, cifre, dati

e le emozioni delle oligarchie familiari

anche debiti, ricordi, riferimenti attuali

e cambiamenti, orari.

Basta spleen.

La poesia e il tedio dovranno pur finire.

Basta spleen.

Novità, cambiamenti, incontri;

figurine.

Vorreste che il mostro che fino a poco fa

vomitava dalla penna su qualunque

facesse il verso all’ordine di qua.

Vorreste che il porco che si masturbava

sulla faccia disonesta del pensiero

trovasse modo per due conti a casa.

Vorreste anche il dolore ricomposto

ed il cadavere, messo nella bara

del mogano migliore, andasse a posto.

Vorreste che trovasse in sé la madre,

quel putrescente ammasso di scorzume

perché nasconoi fiori, vero?, dal letame.

Vorreste che nel pomeriggio vuoto

un vento qualunque mettesse diritti

i mondi rovesciati e il loro giogo.

Vorreste che i veleni,i pus, gli assenzi

non lasciassero traccia, non tracciassero un male

e un corpo nuovo ridesse a tuttidenti.

Vorreste che la sacca martoriata del

suo cuore si aprisse come un guanto

della misura delle vostre mani.

Il mostro intanto sbatte l’ali sul parquet

si guarda attorno e sbava sul bracciolo

si sente niente nuovo, beve te

fa ciao con la manina, nel suo brodo.

6 thoughts on “

  1. nei buchi dei silenzi, ” orridi ” alcuni di banalità fitta, capita di leggere e immergersi, come qui, nelle fitte ragnatele di “parola ” piena, completa. che spazia inter_disciplina. presenta, non conclude; conduce e in coscienza apre spazi. sensibile, ottimo lavoro , il tuo.

  2. uff, Silvia, come m’accalappia questa cosa irruente che hai scritto. Tutta tutta addosso me la sento. Da un anno circa.

    Rr

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