Ci si potrebbero trovare cose attinenti alla sessualità. Delle cose dette da Sigmund Freud qualcuno avrà già letto, e comunque non sarà sorprendente vederle amalgamate e parti di quanto a tutt’oggi utilizziamo per descrivere il mondo. In particolare la benedetta parola di madre, amor perduto, questo potremmo ritrovare. E cose attinenti al ricordo, quindi. Poi, o prima, il varco tra pensiero e movimento interno, o meglio affetto e codifica, anzi particolari, dettagli di queste cose, continuativamente. Nascere e morire, illimitatamente in limine, avranno la precisa proposta del mondo dato dove i confini contraddistinguono le modalità, i censi, ma nessuno è disposto ad ascoltarli come si deve e inventa dialetti e leggenda. Le teorie dell’essere trionfano bieche sulla costrizione nei due termini, che sono poi uno solo, sol’uno: un movimento verso qualcosa prevede il movimento inverso, foss’anche in potenza il movimento di andata irreversibile il movimento di ritorno sarebbe comunque immaginabile. Provvisoriamente possiamo prenderne atto. Delle cose dette da Ludwig Wittgenstein qualcuno avrà già letto.


Ma Silvia che batte a battere tutte le letterine di quel troia di Joyce, signor James, Silvia ha visto che per quanto provi a dare senso e spiegazione ce ne è un’altra, spiegazione, e più sottile e profonda, Silvia si fa insistente e proterva, silvia smanetta ingravida, negli occhi del cielo pineale e stellato immagina proposte sensazioni e notizie direttamente dall’anima, così detta, l’anima-cielo, l’anima-le, un vuoto (finto) riempito da pieni accumulati a forza di memoria incastonata nei nuclei sottocorticali, immaginetta su immaginetta, piacere per piacere, odio per odio (repulsione). Quello che vivere, me lo proverai tu?


La verità è che non si riesce più a parlare. Com’è possibile riuscire ad infilare frasi corrette una dietro l’altra senza sentirsi idioti? Come si dà che al terzo giro di asserzioni disadorne ed asciutte e tutte pregne di dire comune venga la sindrome tondelliana e ci si senta inseriti in una lavatrice a programma tre, bianchi delicati con centrifuga, tutto già predisposto per interderci, come? E tessere pizzi a vissuti inediti? Ed infilare gerghi su gerghi alla ricerca (?) di un codice pre-raffaelita o zen, a decadenza programmata e citazione soffice? Non si riesce più a dire niente, i contenuti inebrianti perdonino, non si riesce a stabilire significato e portata quando, quando, li si è visti intersecati e violati per sempre. Che non è una parola così per dire, per sempre è per sempre.


La verità è che non riesco più a vivere. Quello che passa ha un sentenziare sintonico, le cose hanno il ritmo delle aspettative disilluse e fatte concretezza esistentiva, matrice per altro. Nella marea ipouranica qualcosina, ma mille eventi segnati da regola che sola l’intersecazione astrologica può permettersi di professare: che c’ho un Saturno in Cancro me lo lascio dire, sembra spiegare l’impossibile, brucior di stomaco quando mai hai chiesto perchè, che temi una descrizione infinitamente dissociata e distante, ben vengano le efemeridi ed i solstizi declinati in fottuti greci dei declinati immagini totemiche. A lingua desueta, non riesco a vivere, manco a morire, cos’è?


E’ Silvia che batte a battere tutte le letterine di quel troia di Joyce, signor James, Silvia ha visto che per quanto provi a dare senso e spiegazione ce ne è un’altra, spiegazione, e più sottile e profonda, Silvia si fa insistente e proterva, silvia smanetta ingravida, negli occhi del cielo pineale e stellato immagina proposte sensazioni e notizie direttamente dall’anima, così detta, l’anima-cielo, l’anima-le, un vuoto (finto) riempito da pieni accumulati a forza di memoria incastonata nei nuclei sottocorticali, immaginetta su immaginetta, piacere per piacere, odio per odio (repulsione). Quello che vivere, me lo proverai tu?