9) Poi niente.
Non c’ è altro da buttare in faccia al vento.
Sei stata la bambina incapita.
Ora sei un ometto.
10) E mi soffermerei su questo. Carne souillée, chair farina.
Rivedrei le lettere scritte al padre.
Rivedrei gli amori.
Riproverei a parlarne.
Senti anche tu che breve sia la prima
scena, e come la seconda langue
e che corteo garrente di sinistri s’accapigli per la via della festina
dovunque mi metta c’è un ibrido fluente che si insinua
tra il mio Cuore e l’isola formale che progetta tre minuti
tra il mio cuore e la tartina messa lontana dal tavolo
che il mio cuore aveva già pensata posta ad angolo
che il mio cuore arrossito nell’isoscele prefigura:
è un cuore vandalo
scalena e sbiade
in vena.
11) Non per questo tacciamo.
Ci viene anzi detto che i poeti vivi sono morti a tratti
tutti.
Ci facciamo
alla cronologia del rivelarci sudditi, alla fantasmagoria, all’osceno, all’inusuale, al privato
scandaglio
triturato
tannico
sulle violacee vie dell’amor reciso, un panno
completamente intriso
del sangue fastidioso
del mercato
miracolo.
12) La preparano a mezzo giorno.
Ha i fiocchi del senno proprio di quel rito
e a mezzogiorno girerà con le stelline
croce dell’amuleto preferito
tutte le sue cosine
aprile
in gran segreto
divenire ire
ire
la preparano per bene che si sappia che è giusto
perché è giusto, e lei crede
infinitamente
per quante state per sé per prima
al gesto.
Non arriva da subito ad abbottonare il di sopra
così millemani le rifanno di dote il granletto
e milleinfanti ritagliati per finta in velina
(non ci arriva da subito)
la smettono.
13)Quindi:
14) a cosa pensa lei che guarda dal vetro della finestra
con lo scialle a mezza guisa sulle spalle
e guarda fuori, sembra, che dentro niente resta
talmente fuori è lo sguardo che da dentro impresta.
Qual è il punto nodale di questa immagine precisa
mille volte tante si è riversa
sopra te, dagli schermi, dai vetri, dalle gesta
nelle parole che l’ hanno usata.
Prima: aveva il sangue, già il sangue, la bambina.
Diorskin fa pensare a una bestemmia
e Shi se ido creator le disegna
una cresta.
L’aveva scelta Bunuel compita
e riverente che l’occhio molesta
accovacciata al piano benvestita
un trucco solido, le ciglia
eterne
l’orchestra -balorda-
il ballatoio
-sinistro-
l’isola luccica
nel tremolare del finto
fallo,
rimesto quello
mentre m’inchino a dovere
dov’è la strada sdrucciola che
la porterà all’insieme
dov’è la donna dello scialle
a guardare un lontano fuori di finestra?
Le sue lacrime trattenute
,che sono sangue speso,
tornano in acqua indietro
come sabbia a cumulo
tutto l’amor dell’incendio
zoppica e a cuccia il cane
a cuccia misera madre
a cuccia dio il padre:
chiuderemo bene ogni soffitta, ogni
buco, ogni soglia, ogni soffiante
pertugio
ma lasceremo il vetro, che si veda
cosa fa fuori
se dentro
(nell’Immortale Fiero Palpito)
nega.