Bene. Gravida è alla fine del sesto mese. Attorno il mondo esubera.

Dentro e fuori non son mai stati così distanti. Chi se ne frega? arriva a pensare lei gonfia, vero che la pancia tira (com’è che non lo dicono mai?)(pensa pure che la gravidanza sia cosa sacra, come il bel coito).

Chi se ne frega è espressione D’Annunziana, Gravida. Veda lei.

D’Annunzio tifava fascio. Lei se ne frega? Tutte le ragioni di ‘sto mondo. La storia è morbida, vede, sincretica.  La storia prende in sé, come il suo bimbetto ancora feto, le ragioni dei tutti. Chi parla troppo forte ne viene sempre zittito, foss’anche dal deficiente di turno. Nel tempo, certo, nel tempo.

Se mi stai sopra e soffro e soffriamo per te è certo che tirerò fuori le mitragliette. Ci mancherebbe di rimaner qui a morire, ti sparerò. Ti sparerò, ho detto. Sia chiaro! Preparati.

Allora. Gravida non vuole morire, col suo seimesi. Preferirebbe portare avanti la gravidanza in climi consoni o tuttalpiù sopportabili e partorire in un ospedale che possa assistere tutti gli eventuali scostamenti dalla media. Non si sente una media, invero. Gravida ingrossa molto a modo suo.

Si domanda, che non è solo portatrice di specimene, cosa voglia dire sottostare ad un padrone. Questa cosa, lei incinta di una sedimentata e, si dice, quindi profonda volontà di potenza creativa, l’ha sempre inquietata. E’ stata forse abbassata da qualcuno? L’anno avuta? Le hanno abbassata la figa fino al loro volere e Gravida se ne è compiaciuta dunque grazie al cazzo, è il caso di dire, posta in estasi dal dominio ha dato e convenuto?

Non capisce certe fantasie sessuali. Ci sono, le ha. Ma in cosa quadrano con il suo essere gravida, e prima ancora soddisfatta, non è chiaro. Vero che l’abbandono non calcola. Vero che è di stupidità fenomena. Ma anche di grande comprensione olistica. Un abbandono, un lasciare ti può far morta ma ti può far salva, e soprattutto. Come un bambino, quello che porterà, intonso, impotente, questo verrò senz’altro portato altrove, cresciuto e protetto.

Non si proteggono gli adulti, dai! Sono, si dice, autosufficenti. Sanno fare da soli.

Allora Gravida sa che l’abbandono, più o meno,  la proteggerà, oltre a farla venire a più riprese. Bene.

Noi tifiamo per lei, che ci è così simpatica, e per la storia sghemba di tutte le donne incinte o proprio per niente che sin qui abbiamo incontrate, non certo perché siano più buone o meno portate ai fascismi, ma perché rischiano grosso ogni volta che fan qualcosa, povere potenti.

 

 

Le temps ne fait rien à l’affaire (Georges Brassens)

Quand ils sont tout neufs
Qu’ils sortent de l’œuf
Du cocon
Tous les jeunes blancs-becs
Prennent les vieux mecs
Pour des cons
Quand ils sont d’venus
Des têtes chenues
Des grisons
Tous les vieux fourneaux
Prennent les jeunots
Pour des cons
Moi, qui balance entre deux âges
J’leur adresse à tous un message:

Le temps ne fait rien à l’affaire
Quand on est con, on est con
Qu’on ait vingt ans, qu’on soit grand-père
Quand on est con, on est con
Entre vous, plus de controverses
Cons caducs ou cons débutants
Petits cons d’la dernière averse
Vieux cons des neiges d’antan.

Petits cons d’la dernière averse
Vieux cons des neiges d’antan.


Vous, les cons naissants
Les cons innocents
Les jeun’s cons
Qui n’le niez pas
Prenez les papas
Pour des cons
Vous, les cons âgés
Les cons usagés
Les vieux cons
Qui, confessez-le
Prenez les p’tits bleus
Pour des cons
Méditez l’impartial message
D’un type qui balance entre deux âges:

Le temps ne fait rien à l’affaire
Quand on est con, on est con
Qu’on ait vingt ans, qu’on soit grand-père
Quand on est con, on est con
Entre vous, plus de controverses
Cons caducs ou cons débutants
Petits cons d’la dernière averse
Vieux cons des neiges d’antan.

Petits cons d’la dernière averse
Vieux cons des neiges d’antan.

Traduzione di una Silvia che non so per il prof. Scaparro del Corriere:

Il tempo non risolve il problema (semper lu)

Quando sono tutti nuovi ed
escono dalle uova o dai bozzoli,
i giovani dal becco bianco
prendono i vecchi per dei coglioni
quando le loro teste diventano bianche
o brizzolate
i vecchi pentoloni
prendono i giovani per coglioni
io che sto in un età di passaggio
vorrei rivolger loro un messaggio:

Il tempo non risolve il problema:
quando si è coglioni, si è coglioni
puoi aver vent’anni o essere nonnetto
quando si è coglioni, si è coglioni
smettetetela di litigare
coglioni caduchi o coglioni debuttanti
piccoli coglioni dell’ultima pioggia
o vecchi coglioni delle antiche nevicate.

Piccoli coglioni dell’ultima pioggia
o vecchi coglioni delle antiche nevicate.

Voi i coglioni nascenti
coglioni innocenti
giovani coglioni
che, non negatelo, prendete i papà per dei coglioni
voi i coglioni di una certa età
coglioni vissuti
vecchi coglioni
che, confessatelo, prendete i giovani
delle nuove generazioni per dei coglioni
meditate sul messaggio imparziale
di una persona di mezza età:

Il tempo non risolve il problema:
quando si è coglioni, si è coglioni
puoi aver vent’anni o essere nonnetto
quando si è coglioni, si è coglioni
smettetetela di litigare
coglioni caduchi o coglioni debuttanti
piccoli coglioni dell’ultima pioggia
o vecchi coglioni delle antiche nevicate.

Piccoli coglioni dell’ultima pioggia
o vecchi coglioni delle antiche nevicate.

Inverno (Fabrizio De André)

Sale la nebbia sui prati bianchi
come un cipresso nei camposanti
un campanile che non sembra vero
segna il confine fra la terra e il cielo.

Ma tu che vai, ma tu rimani
vedrai la neve se ne andrà domani
rifioriranno le gioie passate
col vento caldo di un’altra estate.

Anche la luce sembra morire
nell’ombra incerta di un divenire
dove anche l’alba diventa sera
e i volti sembrano teschi di cera.

Ma tu che vai, ma tu rimani
anche la neve morirà domani
l’amore ancora ci passerà vicino
nella stagione del biancospino.

La terra stanca sotto la neve
dorme il silenzio di un sonno greve
l’inverno raccoglie la sua fatica
di mille secoli, da un’alba antica.

Ma tu che stai, perché rimani?
Un altro inverno tornerà domani
cadrà altra neve a consolare i campi
cadrà altra neve sui camposanti
.

Non c’è un movimento adatto per questa dissoluzione.

Sta belando sui cantoni di tutti e non si traduce in nome. E’ una portante dialettica coincisa, assomiglia forse ad un battito d’ali mentre le percorremmo le ciglia.

Non mi dire così, Asella, lascia che percuota il nome che devo, che lo faccia battere ed assomigliare  a qualcosa. Cosa vuoi dire accartocciato come sei sulle spoglie del defunto amato.

Cosa vuoi dire su quel corpo estinto, drogato. Non legge nulla, ha appena finito di balbettare mezzo Macbeth sulla spiaggia di Riccione, sente il sale sulla mano, non immagina che possa esserci un sangue che non toglie, sente il prurito , odore di pene, odore di fuffa, umidore pregno, sta con l’alito del mattino disinvolto tra dentifrici, è magnetico e sociale.

Il regista di quel film animato.

Sta buono, gli viene facile tra un leone e l’altro. Che è bravo a fare le mimesi. Ma di te, quando dici  " vieni a vedere la strada, Maddalena se la fila, prova salire sul monumento all’indice, Maria viene dopo il seguito, noi  ci spostiamo languidi, Marta non guida"

ma di te quando dici " hai messo troppo sale nell’acqua, Umida, dovremo partire, non c’è posto per noi dietro la quinta"

e non importa, abbiamo bisogno tutti di parole garbate messe a punto per l’occasione e di favole accorte, del bilinguismo di certi articoli e della melodia di molte canzoni, Ginsberg e la sua sbobba, Emilia e la nebbia, Giacomo del finito e Arturo senza un’isola, acchiappati doppi nel fosco del divento, Gertrude la scorpiona e due altre che non ricordo, Sylvia sfornata.

Ma non importa.

Io di te mi ricordo perché ha asfissiato i giornali, e le cronache, e mi sei diventato così niente che niente è dirlo a producente a sferruzzato a calapultante disegno, vedi un ricamo che ti disegna la gloria e la ruggine, come, un’, altra, storia.

Non mi accontento. Voglio una mia avvocata, una scusante, una dritta. Cerco una deriva possibile in quello che potrei dire intero solo se ne avessi voglia, cri cri cri , Critico _Austero_Metti_A-Gogna- avrà posseduto tutte queste donne?

Ne avrà fatto quello che voleva?

Le case ricche lo avranno sequestrato ?

Il gelo d’inverno sarà stato sopraffatto dal termosifone, dall’aria calda apposita?

E settecentododici milioni di euro dichiarati al fiscalista apposto?

Come brillerà la sua intervista nelle agonie  e traballerà la gamba nel giro stellato della coreografia, avremo altre balorde immagini sconvolte a farlo apparire, immune dalla distruzione ma pronto per il perplesso anelito, muto ai discorsi ma fervente di modi di luce, infrequente agli scherni ma tribolante di realitysazione, uno come noi in mezzo

alla merda, alla

consunzione della

gigante nana stella.

Sa, siamo troppo occupati per prendere in considerazione ulteriori variabili. Faccia mostra di Sé il legale che lo protegge, di questo ci occuperemo finché le cose non avranno preso la piega del pensato, per lui, per noi, non voglio presupposti tra le balle, non voglio musica che non sia quella quotata, fina di discoteche, assioma da cd.

Nel tuo poster immaginati separato da ogni base, aureolato di sguardo figé, mezzo in ombra dove verrà meglio, scartavetro il piccato limite e t’invetro

so farlo.

Ho te.

E non mi pongo nessuna domanda, quel che sei stato, il tuo racconto, il nome che hai, le storie forse bellissime che dicono tu abbia raccontato (che quelle le piglino chi per loro, i fisici del pensiero, sdrucciolanti lungo libri scuciti o fotocopie a credito)

stronzate. Tu risuoni

io ti spando.