Questo qui parte alla ricerca di un padre, a suo tempo si faceva vendere una nave ma oggi è nella stanza degli uomini e discorre con loro prima di partire.

Non compra niente ma procederà per mare diverso fino al garbuglio dell’incontro. Saranno 24 ore secche, n’importa, lui ama discutere, è uomo di mondo, sa comportarsi e conosce le leggi dell’ospitalità. Del padre sapremo strada facendo, uno che prova a piazzare un articoletto sul giornale, uno buffo, ebreo, per ogni osteria frequentata ce lo ripeterà che è ebreo, di razza eletto, perseguitato.

Ma del tempo, sul tempo, dovremmo parlare di più e meglio. Quanto ci si mette a pensare un pensiero? E molti, intersecati tra loro come sempre sono? No perchè questo è il punto: la velocità del pensiero non ha paragoni motori, è certo più veloce del famoso falco in picchiata, forse addirittura raggiunge il suono, certo che lo raggiunge, e raggiunge la luce, per me la supera. Se le intersecazioni possibili fra neuroni raggiungono cifre immani e riescono a produrre una cosa immanente, qui, ora, alla faccia del calcolo combinatorio e delle costanti fisiche, sai un flusso di pensiero a che velocità viaggia e quanto spazio svolge. Uno spazio inventato, sembrerebbe. In quanti posti è stato, questo finto cosa, che ti ho guardata a lungo nel parco con il bimbo da tenere, signorina, e sono passato in cento case prima di ricordarmi che. Sei bella e completa. Sei giovane e casta. Non conosci gli uomini. Il tuo corpo è investito di narcisismo secondario. Ti muovi come nelle favole e farai un calendario. Ti vede già, lui, ballare in due pezzi al provino-cosina e muovere le anche e il culo, le spalle e il seno, scendere e salire come un cobra che ipnotizzi, tu che ti mostri pienamente conscia del desiderio che scateni, sai già tutto o quasi bellissimo oggetto amore che sei. Lui viene nei calzoni. E tu zoppichi via.

Ma questa è comunque una storia di donne. Leopold e Stephen se ne vanno cercandole nei posti bui. La forza del loro commercio è arcaica e impavida, le dee le puniscono ma ritornano in piedi o sedute cialtrone sui sofà delle bettole, dei casini loro sono lì, e ti raccontano mondi e città capovolte stranite malevole, attaccate alle sigarette via bocchino le donne di questa storia provano a parlare.

Non che dicano molto perchè è il Bloom che le travisa. E di lui non possiamo dire bene, è immorale e comico, non riesce a trovare le parole giuste per accostarsi al figlio, se lo immagina re di un posto che non abbia davanti il mare, dove si possa coltivare la terra, così gli hanno detto gli oracoli, e il sogno che ha per lui diventa lui e poi lui e poi lui e. Quell’ingegno italico e greco ed irlandese per cui tutte le divinità maggiori hanno penato, che gli ha rubato il fuoco e sono dovute intervenire ed ha ucciso sua madre e gli hanno dato il voto che mancava per farlo vivere ancora, sempre sull’orlo del baratro, mai libero, mai, quest’uomo diviso, imperfetto, figlio di ladri e odiato.

Ma non faremo finire così questa recensione. A casa qualcuno sdraiato pacioso e che non se ne andrà. Una sicurezza autentica, il letto occupato dalla parte giusta. Parti alle quattro da Bologna e piove e sai tutto di Pasquale della sala di attesa di seconda, scappato dalla Campania perchè non sono suoi i figli, sono di un altro dice, e la famiglia lo vuole lontano finchè non si regolano le cose, ma a marzo l’avvocato risolve, risolve e il treno è un delirio lento un addio tutto occupato dalla destinazione Bolzano e dondola saggitale per chi è seduto in corridoio due poesie tre che non sembrano niente nella luce smorzata marrone e l’Ulisse di turno a Portanuova, Verona.

Inizia con un salto nel vuoto.

La giovane signora Paulton non sa dire chi fosse quell’uomo ordinario che le si era parato davanti all’improvviso. Una lenta ricostruzione americana ci fa scivolare progressivamente in mondi semibui come una piccola stazione ferroviaria nel bar della quale si apparecchia e si sparecchia prima e dopo l’arrivo del solo treno destinato dalla grande città.

E’ nell’ultimo negozio in fondo, sotto al grande magazzino, sciatto, ingrigito, inutile (vendono giochetti o pipe? giocano a scacchi?) che si avranno le informazioni più interessanti sulla possibile identità del tale del salto nel vuoto e sul suo legame con le cose.

Lentamente, non troppo, ci verrà fornita la descrizione accurata di un campo militare. Da lì partono e lì arrivano ufficiali delle forze armate come quello con il quale Peggy Peggy ha bevuto quel drink, ricordate…quello della spilla. Una storia di sgualdrine. La gamba mostrata, la gonna aggiustata stretta. Il rossetto pesante ed i ricci biondi sistemati ad arte, una sigaretta, l’ennesima, sul bordo carnoso.

E la storia di due amori infantili.

Che di lui, adottato, si fosse voluto fare l’uomo importante, studiato, mille sacrifici per poi vederselo portare via dalla prima figa (strafottente, sfacciata) che passava per quel posto arido, ecco questo passi. Ma l’amore disastrato di lei, quello scrigno vuoto riempito di tutto, piccoli oggetti da accumulare per poi portarli via, vi chiedo di piangere per lei, signori.

E’ la storia di un mondo provvisorio, feste notturne e bevute pese, gradi che rubano, trasferimenti. C’è un morbido indugiare su dettagli banali, accendini, valigette, occhi sviati, gridolini maliziosi al marito. I nick sono multipli e nei giorni che passano hanno persistenza tasselli non visibili ad occhio nudo.

Dentro gli intrecci formano due tessuti. Poi uno.

Il tempo di fuori ha un furore statico.

La fine è nota.

Allora ricomincia.

Dove fissava la semplice pratica?

Come riusciva a moltiplicare lo scherno?

Si risolveva diritta o abbisognava curvare?

Integerrima o proseguendo sdrucciola?

Miller la commenta e lei scrive in inglese splendido?

Un pompino la indirizzava tra le troie?

Io sono fortunata e tuo fratello fa bella figura?

Quante belle figure vale il bieco tuo?

Siamo ridotti al blog?

La solita parola composta di?

bl e og?

loging blade?

log blood?

blood gog?

Hai capito dove conquisteranno domani?

Lui ha occhi di bambino dio?

Lei (Jane Birkin) danza al Tenco come faceva per G.?

Tornerò mai al tempo di oggi, qui in penisola?

E la gente che scrive su qualsiasi cosa, come me, come me?

Che ne sarà del piccolo esprimersi?

Servirà da grimaldello alla fama?

E la fama avrà abbastanza cronopio a sorreggerla?

E le speranze applaudiranno a piene mani?

E Jannacci rinato con quel suo figlio amante?

E De Andreas mille volte amato in wiskydio?

Ed il mondo contorto, l’italietta da scena?

Una televisione stupida inquadrata a dovere?

Una televisione subdola tracannata dal vendere?

Pasta?

Macchine?

Vinello?

Parfum?

Valium?

Tavor?

Serenase?

Il Pinelli di turno che fa fuori l’europa?

Non intendo e non voglio, mi inabiliterete?

Mi interdirrete?

Le parole vere non sono belle?

Le parole belle non sono vere?

L’uomo che ha la virtù non discute?

L’uomo che discute non ha la virtù?

Essere interi nel frammento?

Dritti nel curvo?

Pieni nel vuoto?

Intatti nell corruzione?

Il grave sta alla radice del lieve?

Il calmo è signore del movimento disordinato?

Per trattenere (per chiudere) fa prima estendere?

Per indebolire fa prima rafforzare?

All’àpice seguendo la discesa fa ascendere ciò che vuoi abbattere?

Smussa l’acuto?

Schiarisce il confuso?

Tempera l’abbagliante?

La massima perfezione è imperfezione?

La massima pienezza umana è vacuità?

La massima dirittura umana è obliquità?

Il massimo sapere umano è sciocchezza?

La più alta arte umana è un balbettìo?

Il moto vince il freddo (producendo calore)?

Il riposo vince il caldo?

Nella sua calma e purità rettifica il mondo?