La storia della trielina è una storia vera, e ci accosta alla figura dell’amico Paolo di "per domani sarai quel che trascorre".

La paura dei ladri, la notte nella casa deserta, la paura diventa un vuoto dopo il salto sullo scivolo e pervade, si sparpaglia, occupa tutto.

E’ inebetente questa cosa in casa, procura terrore e sfavilla a luce propria, l’ombra della siepe, i vasi sul terrazzo che pare parlino, basta un gatto a sfiorare la ringhiera, il mondo prende velocità frusciante e dentro l’orto, in alto, una fattispecie trema.

L’hai chiamato gatto, shhhh, per quasi nome, ed è scappato ma ora ogni rumore parla e si espone, e l’immagine  della faccia dietro il vetro sembra possibile e appare, tu vai a spegnere le luci, ti accosti al muro ribalti il portacenere fai scattare la chitarra sotto che cassarmonica, come da sua natura.

Riaccende, doppia mandata alla porta d’ingresso che ha fallito la prova della tessera (conoscenti scrupolosi), amerebbe per la prima volta in vita un attorniamento spesso di tende pesanti, e pensanti perchénno, Gravida passa giorni interi, speciali giorni, a temere.

Tema l’avvento, tema l’irruzione, tema lo spaccamento, tema la violatura, tema la sconosciuta, tema il furto, tema l’intrusione, sempre sveglia finché qualche stordimento non la porti via, passano anni così nella casa troppo grande, troppo esposta, troppo bella, bella la grande casa esposta, il chilometrico giardino, il lauro finto schermante.

Poi quei ladri passano quando non c’è, portano via quadri e tappeti, meticolosi, questi, ordinati, passano da dietro, selezionano con le pile, buttano le cose avvolte nel fossato e recuperano in un secondo momento, ad arte. Ma niente consola e i pensieri rimangono, per certi topini scomoda il cugino a dormire con sé.

Paolo è adesso che arriva, lo incontri al bar. Spavaldo guerriero di tutte le battaglie perse, dalla libertà spezzata che gli taglia la faccia, baccanale, eroinomane, danza attorno ai tavoli col bicchiere pieno, è bello, fa un chiasso che vergogna ma è un chiasso gentile, è una richiesta morbida, un casanoveggiamento, un arabesco in italiano arrotondato dialetto, la tua verona scimmia gentiluomo disperante. Molte mila volte questo abboccare, ingurgitare, buttarsi tutto dentro, i vinellini, i gin, i bacardicola delle discoteche brocche, e come se niente potesse mai colmare, è terribile sempre vuoto e niente che mai finisca, non c’è notte, non c’è sonno, non c’è casa, non c’è sosta, riposo, meta, Paolo nel tutto miele, la tunisia il marocco, ercolino che porta su il fumo dalla spagna e lo beccano in frontiera, come ne esce, e tutto può essere, girarsi, ritornare, passa dalla bocca e diventa merda e ritorna in bocca e si rifà come un vapore d’olio, cilum su cilum nei campi al chiar di luna e potrebbe durare anche settimane.

Ma Paolo è un amore, tutte le sue donne e suo figlio l’han lasciato stare lui mi racconta, mettevano su botteghe di pizzi e tricot, operatori turistici alle canarie, qualcuno coi soldi gli salvava un pel di vita, la cavallina lo rendeva fragile. E girava la fantasia possente a non creare nulla ma un mondo che scappa, la faccia incrinata, i giovani compagni del paesello natìo, la faccia abbacinata, il tango, la bella vita le ragazze imperscrutabili gli amici volpi la sarabanda l’impossibile. Paolo è un amore, così svelato, così esposto, così libero, così fregato. Mi dice:

– ieri sono passato da casa tua, ho provato ogni finestra, non si entra, impossibile. I ò provè tute ma no son sta bon de far gnente, son stà lì dele ore ma no se passa mia, ghé serà –  ride. Rido.  Adesso che è morto, e ci siamo tutti guardati in chiesa come una ganga di colpevoli, chissà perché, forse che a tutti ha lasciato un messaggio, ai miei fanculismi morali, all’arido della sua enorme casa fredda vuota, agli ex quindicenni-cagiva, agli zii macellai, alle sorelle devastate, al paese mortifero santandrea che produce l’eterna finta vacanza, all’eroina sostituita ammirevolmente con un bell’acetato di sintesi, al barasilo, mi:

capita la follia del derubamento, viene lui a circondarmi la casa, annusante, un cane amico che solo desidera, Paolo circonda il mondo minacciato e ne fa un’aureola di intenzioni amabili. Mi passa la paura, e con lui dormo.

mi son spariti 19 capitoli (quelli di seguito a questo) e cari commenti annessi nel tentativo di creare un indice. e’ una speciale disperazione, care mie.

17/02/2006

Inizialmente le risultava impossibile fare i conti con la nuova successione delle immagini. A Isadora avevano previsto greche impasse e Hannah s’iniziava ai totalitarismi scaraventando il Professore di Friburgo fuori dalla cauta finestra. E’ la nuova successione delle immagini, si presenta monca dei passati amori.

C’è un vento di fuori che s’ inalbera accentuando le false promesse delle riconciliazioni.

C’è un freddo per dentro nell’assomigliarsi ancora, celtici, biondi, russi, e ma è vero che certe parole non le useremo più? Dove sta la vergogna, è quel luogo.

Dove sta la vergogna è difficile andare senza argomenti potenti che nella poesia di sostanza alle volte si trovano ed hanno lo statuto dei porcini, ovuli rari che mica stanno sempre dove li vai a cercare. Lo sta solo immaginando.

Gravida ha appena formattato il disco fisso, si è accorta che non aveva bisogno di nulla di quanto con fatica ha ricopiato altrove (su cdverbatiumR a 700 mega, ne son bastati tre), si ricorda meglio la fatica e il tempo (passeranno anche questi) del tutto detto. Non riesco più a controllare quasi niente, pensa, gli oggetti mi stanno presentano il conto della loro usura e della mancata decriptazione del loro codice d’uso, il fortuito ha una sua instabilità e talvolta smette il regno, continua, s’impegna, il pensiero s’attacca all’equilibrio delle relazioni tipo:

due uomini e una donna (che fanno) una donna l’altra donna e un uomo (che dicono) il fratello maggiore e la sorella (che stanno) un padre una figlia due fratelli adolescenti e una bambina (che possono) una madre il suo secondo marito due nipotini di diversa etnia (che ricordano) una piccola nuora nera suo suocero due donne del paese le loro sorelle sposate (che tagliano) uno zio una zia due cugini maschi conviventi la sorella di un amico sua cognata la bisnonna la badante (a tavola per un natale) un giovane uomo una donna di mezza età cinque bambini di età che varia dai sette ai dodici il nonno del secondo l’ex marito (per via).

Sette ragazzi poveri e uno no in un film di citti , due amiche ricche al vernissage di haring, un uomo dottore in mezzo alla classe cococo, due amiche quarantenni a ballare l’hip hop nel locale giusto di mantova, suo fratello che assume una giovane segretaria iraniana ripudiata, l’imprenditore serio che investe i fondi dell’ossessivo-compulsivo, la signora del bar di iamamura e la spia di cui si innamora, quattro danesi nell’ambasciata di giordania, cinque sudanesi cristiani in una missione del sud, due tailandesi minorenni nel bordello in cui arriva il mio amico gianfranco.

Relazioni di sociologico dettato. Sembra non si riesca ad uscirne. Semplificano. Assegnano. Suscitano sentimenti primitivi. Il codice di comportamento all’origine. La puttana, la madre, la mantenuta, il padre, la lingua d’appartenenza, il dialetto della borgata, l’artista giovane, l’artista vecchio detto anche Il Poeta Dice, il ladro, il pappone, l’arrivato, l’enfant terribile, la strega, la pura siccome un giglio, l’impostore, il tiranno, l’operaio, il matto, il bambino, il frocio, la ragazzina.

E’ dentro Gravida che questi oggetti si formano.

Anche, in lei, una sorta di identificazione e la possibilità di capirne alcuni. Ma soprattutto nascono in quanto oggetti e l’altro-da-sé arriva a mortificarla, e doveva essere una nascita, non lo è, questo non è propriamente una nascita. E’ un’attribuzione di ruolo, un dare luogo a, si separerà  da lei in modo traumatico e diventerà quello che capisce a metà, un attributo grandioso mascherato da spiegazione lo restituirà al mondo.

 

Per domani sarai quel che trascorre

dal capo che rivela e smette

se parli a Paolo

con proprietà e partito preso si dispone

a mistero certo pensiero, incerto

proprio lì dove pare stia

quello che importa.

Nessun tratto che porti è connotato

del tòcco restituito come niente.

Lo correggi ma scorre

tra voi (i  foglietti della storia)

un vuoto, perché ni-ente è stato.