Basta spleen.

Vorreste che parlasse:

di cosa ha fatto, di chi ha incontrato, come

un successo, uno smacco, l’irruenza

di un incontro, un’operazione;

vorreste nomi, date, cifre, dati

e le emozioni delle oligarchie familiari

anche debiti, ricordi, riferimenti attuali

e cambiamenti, orari.

Basta spleen.

La poesia e il tedio dovranno pur finire.

Basta spleen.

Novità, cambiamenti, incontri;

figurine.

Vorreste che il mostro che fino a poco fa

vomitava dalla penna su qualunque

facesse il verso all’ordine di qua.

Vorreste che il porco che si masturbava

sulla faccia disonesta del pensiero

trovasse modo per due conti a casa.

Vorreste anche il dolore ricomposto

ed il cadavere, messo nella bara

del mogano migliore, andasse a posto.

Vorreste che trovasse in sé la madre,

quel putrescente ammasso di scorzume

perché nasconoi fiori, vero?, dal letame.

Vorreste che nel pomeriggio vuoto

un vento qualunque mettesse diritti

i mondi rovesciati e il loro giogo.

Vorreste che i veleni,i pus, gli assenzi

non lasciassero traccia, non tracciassero un male

e un corpo nuovo ridesse a tuttidenti.

Vorreste che la sacca martoriata del

suo cuore si aprisse come un guanto

della misura delle vostre mani.

Il mostro intanto sbatte l’ali sul parquet

si guarda attorno e sbava sul bracciolo

si sente niente nuovo, beve te

fa ciao con la manina, nel suo brodo.

 

Nella bellina si svolsero più azioni. Innanzitutto un parare.

A scioglilingua ignobili le rimostranze si mobilitavano e a loro opporsi diventava indispensabile. Se ne veniva ansante un bisogno di assenza che diceva diceva : via da qui! Subito!, ma opporsi, diventato indispensabile, contrastava opponendosi, appunto, la malmostosa crespa fuga.

(E la bellina chi è? si domandarono il ghiro la lepre marzolina ed il cappellaio matto all’unissono)

"La bellina è l’Autrice! Chiamatela bruttina e lei si spegne" disse l’orco scritturato sapendo bene che le battute a disposizione diventavano tre. Brutto lavoro, e l’ardore dal quale sempre attingeva la sua accondiscendenza gli sembrava mortificato e malposto. Brutto lavoro, attingere dal mondo scintillante delle favole bianche e ritrovarsi a fare il servo di scena, tira su tira giù, sposta le seggiole, suggerisci e accomoda gli orli, vist’anche che nelle favole vere, un filo nere, lui sbranava bambini.

Cos’è ‘sta A che maiuscola? dice alice impreparata ma bella spontanea, così si passeggia a fianco dei miti predisponendosi a raccatta-bugie e mai accendersi, si deve, di amor proprio troppo charmant. A-lice lo sa, un po’, che le sue domande non verranno prese sul serio, lei mai sarà quella che le ha davvero poste,  tutto è predisposto per incartarne le risposte e portarsele al primo MacDonald’s per sbafarle con french frises a contorno.

Ma comunque, cos’è ‘sta A che maiuscola? (Alice ha un suo buon franco insistere)

"Ah! Un’a che maiuscola è un tronizzare un fatto. Fare sottosopra ed evidenziare l’unicità della detta lettera, che poi, a volerla dir tutta, è solo l’inizio di una parola , m’am " , disse il signor Lewis C.       E lui lo sognavamo, ricordo, il fotografo di bambine, come se la sua barca ci portasse davvero "un’altra, un’altra!" lungo un fiume santo. Non sembrava possibile che qualcosa finisse. Per tutte le sorelle pallose a leggere libri sfigurati sotto l’albero, nel prato, in un dorato (autunno? estato?), per tutte le tane di coniglio, occhi rosa, eggiù!!

Signor Carroll, mister, dove arriveremo?, ma lui non si preoccupa, noo, lui se ne frega, il signorino, che si arrivi a capofitto, Lei è uno Scrittore! continuano a proporgli le bottigliette e le fettine di cake, lei deve sapere, signore, dove questa bambina sta ciondolando e perché si precipiti, in figa all’orso Yoghi, ci dia una misura, un ambito, please!         Il signore non sente. Si pulisce gli occhiali e spende le sue ultime lezioni di logica a dimostrare che lei non è mabel ma che potrebbe esserlo (bellina, vedi, mai davvero brutta, che ti dicevo), ignorante come una zappa eppure molto moderna. Non saremo noi a giudicare, gli assicura il Maestro delle Nuvole, e se lei vorrà portarci finalmente la chiavetta d’oro del tavolino trasparente per metterla agli atti noi non la perseguiremo, vede, più.

Ma il precipitare è una pacchia. Il parroco lo sa, che precipitare è gran un bel bello. Giù giù giù giù giù giù giù giù giù giù giù, afferro la prima cosa che mi viene, giù giù giù giù giù giù giù giù, me la guardo e me la tocco, giù giù giù giù giù giù, la accarezzo e la mostro giù giù giù giù giù giù giù, la soppeso e la pongo, giù giù giù giù, la agito e l’avvolgo, giù giù giù, la rappresento e la mungo, giù giù giù, la inghiotto e la sputo, giù, nella saliva vischiosa appallottolo l’oggetto inghiottito e faccio ragna, faccio baco, ne uscirà un intruso.

Signor Carroll, Luigi, ci sarà un punto? " Ah si, cadrai come se non avessi peso, un parapendio morbido che ti permetta di circonvolverti e fare tre, quattro passettini di accompagnamento al 9,8 per il corpo.      Ti ritroverai, bellilla, nella hall dell’incanto , con un sottofondo musicale che ti aiuta ( Luna in piena, Nada, sanremo 2007, va bene).  E piangerai tanto nel ritrovarti trasformata che nel tuo pozzo nuovo sguazzeranno bestioline tartarughe ed estinti ".