Quel film che l’angelo passa a trovarti in pasticceria,

ti chiede la mano,

la mano data all’angelo scivolerà sul ghiaccio fino

tanto che brucia

e quello dell’acqua fredda con gli altri attorno si

sfilaccia, immagina

il vento prende il segreto il vento muore mentre

 

quando catturano i cavalli urla al deserto di Fante

spossata a brillare

di luce equivoca di luce esplosa di poco importa qual

buio infuriare

e buio nell’appartamento dove ti scopasse un ragno

qualunque, senti

è solo cinema è solo cinema il muro che parla, gli altri

 

( io ti farei alzata molto spazio alle braccia

  dipendere umido tenero inadeguatezza

  un bosco di lumini che attraversi Lucia )

 

( io le rificco gli occhi le butto via il piattino

  ti porto a me allentata la sicura verde

  guardami! Vendimi il mattino. )

Quello che nasce, questo,

è stato sveglio tutta la notte.

Non ha dormito proprio, gli hanno rubato

il sonno. E colpevole di che cosa

di che cosa, gracida milla maddalena

il bel che ho amato, il bel del bel

questo infante femmina.

E lo soccorrevo mentre mi chiamava.

Lo immaginavo sopito intero pacefatta.

Una pace di assoldato deh

così a me l’ho chiamato. Deh!

E sono sincero, io lei l’ho amato.

Mi asciugavano gli occhi quel procedere investito

sui porti a buttarsi all’acqua a buttarsi al sole a

buttarsi al vento a procedere contro a fare parole

a smetterle

per chi non s’incrostava.

Una creatura androgina, diremmo?, una specie

di assestamento

nella balìa dell’appunto vento di non so quante

ere, ed erano soltanto

tre,

tre le chimere supposte. O pareva.

Una: si è fatta prendere come il pesciolino.

E l’hanno sfrigolata.

Girata tra le mani calde ed allattata, unta e

asciugata a spugna e talco e rododentro

(siccome non sempre siccome non soltanto)

Due: alla brace dove si allarga il mito.

La bimba si inventa un dito, o una cosa

che allunghi; magari no, magari vuole solo

uno spazio aperto tra le braccia.

E che taccia tutta questa festitudine.

Tre: che bel restringersi ha la contingenza!

Come ti voglio, come si presenta assoluto

il tuo giovanissimo presto questo ardore!

Potesse inventerebbe cavalieri, oh, e principi,

potesse lo farebbe sapere.

Ma quello che nasce è stato per tuttanotte sveglio.

Io lo coltivo, il piccolo narciso.

Nessuna fase ha dato segno di sé, me lo hanno consegnato

scalzo.

Lo chiamano Maria.

A me sembra

un grande vaso mai aperto

ed aprirlo non oso, è spesso

un incantamento convulso

è spesso due centimetri da adesso.

Col sole dorme perchè non si sente.

Nasce la notte, dicevamo, la sente

che gli han rubato il sonno, Girolamo Macbeth

e signorina

mani sporche di sangue.

Chi mai avrà ucciso

la mia bambina?

Cordina a parapetto sulla sera tumida, e che

sbilanciata pende poco fa,

una storia da non augurare, a piccoli passi mentre

a picciole entrate eccola nel tramonto:

era un ragazzo con occhi che sfilavano

un grosso cuore

a mango.

Quando le hanno ridato le ossa catafratte

e quando la luna per sempre l’ha potata

e quando nulla più ha cantato nel solco capovolto

fossile, duro,

e a perdita in rinascere, nelle aperture monda,

era di me tutto il suo sorriso invertito.

Adesso che le tremano le mani e dentro la sfronda

un’angoscia sottile come la bava strattonata, io

la voglio avvolgere al mio, che è un amo d’acciaio

a sostenerla bene

(che cade, crolla), e per i mille anni

e per tutte le sere.

Gravida rende conto.

Dice: " mi sono sperduta tra gli asociali", poi ha degli asociali un ‘idea difforme, sempiternamente cangiante, dice che gli asociali siano un modo di vivere ad esempio. Interessante e pieno di virtù.

Non vorrebbe essere guidata da nessun luogo comune. Parla intensa e parla intera (le pare).

Dice: "mi sono voluta tra gli asociali". Ma non è completamente sincera. Non si è precisamente voluta. Si è trovata, ecco, lì. Nei sistemi c’è sempre un conto morale da pagare, lei lo sente, e non ha voglia di pagare conti. Ma poi tutto questo non è per niente vero, che

i conti li rende, abbiamo visto. Lo fa. Spiega. Legge. Interpreta. Non è tanto il pagare, è forse il costruire. Non vorrebbe, e un po’ ci riesce, utilizzare certi materiali quando è lei che può scegliere. Quindi non li usa.

Quando si fanno, dal canto del possibile ritornare di sempre di ogni cosa di ogni posizione di ogni passio di ogni interazione, quando, dicevamo, si pongono, lei i conti non li assume. Parte tutto da lì.

"Cosa vuoi da me, dice, ho dato amore. Ho dato attenzione e riserbo, ogni possibile tenerezza.

Tu:

mi collochi

mi assumi

mi trasformi

mi consumi

mi occupi

mi fai diventare cosa tra le tue cose, cosa di te e io non sono cosa di te, e fosse solo di te, mi fai diventare cosa d’altri perché sei infittito nelle cose degli altri, così hai moto di sembianza (qui c’è da scriverci un capitolo) , sono altrove, sono altrove."

Gravida s’incapriccia della sua condizione. La ama da molto, ora solo la dichiara. Ha trovato le parole.

"Io non entro nei meccanismi. Li guardo lavorare. Li guardo fare. Ma io, Gravidella putrida e sommamente strafalciona, non faccio da ingranaggio. Vieni a dirmi che non è così. Vieni a dirmi che comunque nessun meccanismo è evitabile, e che mi farò incastrare in cose che non so. Vieni a dirmelo, sofiaccadotto.

Che hai ragione, che hai ragione. Ma:

sono io a decidere per quanto so. Posso sapere poco (dimmelo, se ne hai il coraggio!) posso sapere male, questo è difficile da dire, posso sapere strano, qui è difficile inserire, posso essere intenerita dall’impotenza di tutto quanto un po’, ed essermi eternamente rifiutata la possibilità di morire perché niente mai più sarà vivo, e vivo è fare così, DISTOGLIERSI, andare dove dico, in quanta superbia e satollaggine, me le darai una volta per me quando ti sono sempre state criterio?"

Gravida delira, bene. I suoi mondi sono simili a quelli di un De Magistris o di una Forleo, due nomi non a caso, contemporanei, dai, a credere han creduto e a sapere han saputo, poi le cose si sono irresistibilmente complicate in poteri non assumibili, inutile dirle che non realizza, realizza contro, realizza vero (così si sente) (così è provato) ma il Bel Tribunale della Cosa che E’ la ributta nella merda incapace, e i conti (e li fa!) li fa con il non-strutturato.

Signori e Signore! Ecco il giudizio della Santa Merda , a noi davanti per sempre nella suo Ordinatissimo Palinsesto.  Facciamo di quest ‘Ordine legge morale, e lo facciamo, eppoi odiamola fortemente, irresistibilmente, potentemente , odiando un po’ anche noi, che un po’ da lei emaniamo, quand’era molto giovane, quand’era molto bella e conformante questa Merda era il Sogno.

HEGEL

Cos’è nascere a Stoccarda, primo a tre figli

dal capo della cancelleria

e da una Fromm.

Scuola latina.

 

E agrimensura col colonnello dell’artiglieria.

Studia Omero e muore la madre

Sofocle e Socrate, a lui penserà il padre

romanzo ora in voga.

Parte Tubinga, anni diciotto

per studiarvi teologia, borsista allo Stift

(un protestare dopo Agostino), segue lezioni

di un Flatt metafisico ma

di uno Storr sul Dogma. Tutto troppo stretto

e fa casino, quindi prigione, a ventuno, un uomo.

A partire dal trimestre invernale

due poeti amici nella rivoluzione di Francia

con l’albero di libertà innalzato.

Incostante oratoria debole incerta

goffo pastore magister philosophiae.

Non ignarus nullam operam impedit

faccio il precettore a Berna

presso l’aristocratico e

leggo Kant dopo  la Leben Jesu

faccio entrare dentro la semplice ragione.

Scrivo in positivo, ma sono solo e aspiro,

la nuova sistemazione me la da il mio Holderlin.

Concilio.

Dissero: lamenta la crisi interna

della patria dal popolo, von Buergern, e fa

un programma di sistema, manifesto

dell’Idealismo tedesco del 96, e il ruffiano

tra Scardanelli e Diotima sposata Gontard.

Per ora muore il padre, una piccola eredità

un principio di economia politica.

Lo spirito del Cristianesimo ha il suo destino

in un frammento di sistema,

adesso è Jena:

roccaforte critica e mamma romantica,

veniva Novalis a trovarla, e Fichte e Shelling

e a Weimer

il consigliere segreto di corte Goethe.

Un libero docente, i suoi proventi magri.

Come il senso comune comprende

e la scienza il diritto naturale, farò

una costituzione di Germania in cui

si anticipa il crollo dell’impero.

Scrivo di fenomenologia perché non so parlare scioltamente.

 

Prendo contatti con gli editori mentre H. si ammala e G. si interessa.

.

Mi innamoro dell’affittacamere e i francesi entrano a Jena.

Ho trentasette anni, mi escono un libro e un bambino.

E rompo con Shelling,

ora rettore

dell’Aegidiengymnasium

di Norimberga.

Curando l’autorevolezza esteriore

sposo Marie di ventidue

(due ne avrò e ne usciranno due)

roba di logica,

un professore.

Prendo le parti del sovrano e conosco i francesi.

Prussia mi fa filosofo di Stato.

A Berlino copro tutte le discipline, le dieci ore

settimanali poi pubblicate dai discepoli.

Sand ora uccide drammaturgo zarista

per la Burschenschaft, nascerà

Karlsbad coi suoi decreti

via libertà.

Tra il Congresso di Vienna

e la Rivoluzione di Luglio.

Abbiamo Schopenhauer a Berlino per soli due semestri

ed aderiamo ai principi della Restaurazione, mentre

Christiane si ammala.

Attacca aspramente la teologia del sentimento.

 

Segue due volte il Barbiere.

 

Il figlio cacciato che morirà di malaria a Giakarta.

Negli annali berlinesi per la critica scientifica

la Bhagavad-Gita.

Un colloquio dopo Parigi.

Verrà il mal di petto e

una ratione una, universali, infinita.

E il non-sapere, e il sapere assoluto, e il panteismo moderno:

celebrerà l’accordo tra legge dello Stato e libertà accademica di insegnamento

e apprendimento

e l’orrore delle rivoluzioni liberali di Francia e Belgio

(lui si attiene ai decreti)

(la Chiesa protestante)

(il letto).

All’ombra dell’idealrealismo,

scrivendo un saggio sul progetto inglese di riforma

elettorale,

si spegne in poche ore il 14 novembre,

di un’epidemia di colera, come risulta agli atti,

o di un disturbo gastrico,

come sostiene la moglie.

 

 

 

p.s. la fonte cronologica da cui ho attinto (opere e vita di H.) è                            www.geocities.com/Athens/Delphi/4398/hegelbio.html

p.s.2   Chiara Yorke fa un’operazione simile, quattro e tre anni fa, quindi decisamente prima, e vi rimando a http://chiarayorke-karpos.splinder.com/, Aube. La sola differenza a me ora evidente è che i suoi testi sono molto più convincenti, io devo sempre chiudere. Ma mi premeva dire di quest’ Hegel, così…

A premessa: io credo che Bene dica anche tutta una serie di eresie, so che lo fa proprio per dirle. Mi pare di averlo capito, ha istigato un tempo tutto il mio possibile odio e , bene, ho un po’ capito. Da uno che balbetta tutta questa dimensione di potenza fa tenerezza, e va ascoltato se poi il discorso ha questa apertura, questa speciale intelligenza. Ora parla di Joyce, scrittura interna a Nascita e morte (titolo provvisorio) e lo inglobo.