Coraggio del poeta (prima stesura, trad. Enzo Mandruzzato)
Non son simili a te tutti i viventi?
La Parca non ti nutre per servirli?
E dunque va’, cammina disarmato
attraverso la vita, senza pena.
Sia benedetto tutto che ti accade.
E sii pronto alla gioia. Che potrà
darti dolore, cuore? Ostacolarti
lungo la via per cui tu devi andare?
Simili al nuotatore che costeggia
tranquillo o varca l’onda che lontano
suona argentea o il silenzio degli abissi,
noi poeti del popolo migriamo
volentieri, gioiosi e amici a tutti,
dove è il respiro e l’onda della vita.
Ci fidiamo di ognuno. In altro modo
canteremmo ad ognuno il proprio Dio?
E se l’onda sommerge nel gorgo che lusinga
uno dei forti dove più fidava
ed infine la voce del poeta
sotto la volta azzurra si fa muta,
gioioso muore, e boschi solitari
lamentano il più caro degli amici
e il canto della vergine amoroso
si ode più spesso giungere dai rami.
E se alla sera viene uno dei nostri
dove il fratello cadde, molte cose
sul luogo ammonitore va pensando
in silenzio, e ritorna più difeso.
Coraggio del poeta (seconda stesura, trad. Enzo Mandruzzato)
Non son simili a te tutti i viventi?
La Parca non ti nutre per servirli?
E dunque va’, cammina disarmato
attraverso la vita, non temere.
Sia benedetto tutto che ti accade.
E sii pronto alla gioia. Che potrà
darti dolore, cuore? Ostacolarti
lungo la via per cui tu devi andare?
Da quando il canto respiro di pace
si svincolò dalle labbra mortali
e la nostra saggezza allietò i cuori
giovando nella gioia e nel dolore,
noi poeti del popolo andammo, amici a ognuno,
gioiosi tra i viventi dove è molta
la compagnia umana, a ognuno aperti,
come l’antico Padre, il Dio del sole
che il giorno lieto dona ai ricchi e ai poveri
e noi che trapassiamo nella fuga
del tempo regge e guida
come fanciulli con le cinghie d’oro.
Il suo mare di porpora l’attende
e lo riceve quando l’ora è giunta.
Scende la luce nobile il sentiero
con mente eguale, esperta del trapasso.
Così perisca, quando sia il suo tempo
e lo spirito serbi il suo diritto,
muoia così, in un severo vivere,
la nostra gioia la sua bella morte.
Friedrich Holderlin, Liriche del ritorno pp. 476-483, da Le liriche, Adelphi ed., 1977.
(sua prima stesura intorno al 1800, seconda primavera 1801)
(tre dei "canti della notte", dalle parti del 1802)