5) A Assunta assolve i peccati dell’ultimo discorso
(dovevano essere storie strette a cupidigia)
e solitudini amorali , pensa a quella ch’è stata anni
su una tela, su una brena, sul filo
Assunta, Maria perfino!
Io lo so che me la porto in fondo
fantacarena sopra la scorzetta de’ mele
per girovagare il mondo da fare
ho ‘ste qui che castigano peccare,
peccato Assunta,
potevo farti a punta.
6) M’incomico Coletta (carina)
e quella là, quel cantar muse amusé
quella che magnituda la diva, l’anima
a scrocco, la bestia di mistica,
il sogno faloppo e l’isola amina.
Un falpalà.
Me la comico perché rende
e stimola:
sai cosa prende in bocca l’alto mare e cosa fanno
mille figli al carico di bimbe bionde con quegli anellini alle orecchie,
un caldo di pelliccia che fa proposte al divenire
partoriranno?
Allora dimmi di te: che pensi stiano cantando?
7) Ma non s’inventa maggio come cosa prima.
Vanno a dottore.
Danno il fianco.
Entrano nella tac.
Fare il curarsi morbo un angolo
nella resa dei giorni dove non possiam piangere
per medio modernariato un eone acquario
un che
un che di stato
un che di vario
oh, che mi immagino le diecitante spire
di questo dire che tanto tutto si può
e che non si può niente poi gliss’un vero,
che è solo morire.
A dire.
Per ciò un pianto.
Per la sola disanima che crine
e si sfa nelle nevi corrive
e si sfa nel turbo postmodato
incenerito
strumentale
epporcostile.
8) Questo quanto.
Ma ne indovino altre, per l’envie.
Sono duettanti e reduci, maracas,
lei e la sua donna frigia, belsuadenti
ma cosa spargono?
Dove dirigono?
Hanno capito cosa ha finto
samba?
O provano a discutere tango
con il gringo?
Non si contano, contare.
Germogli di soia siccome:
stanno a parabola
o a nido frattale
in volte.
Piove a impassa, belsole.